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Diario di pace
di Silvia Nanni
Entro nella fase nuova della mia vita…devo raccontare Giuliana per liberarla…si sta giocando la partita della vita. Devo farcela. E' una prova,
Diario di pace

Entro nella fase nuova della mia vita…devo raccontare Giuliana per liberarla…si sta giocando la partita della vita. Devo farcela. E' una prova, una sfida con me stesso. Anch'io mi gioco una partita, senza rivincita…
Dal diario privato di Pier Scolari
Leggo tra le righe le emozioni di un uomo, impegnato a combattere da oltre due settimane la sua battaglia più difficile per salvare la sua compagna, Giuliana Sgrena. Leggo e mi avvicino, come trascinata da un istintivo senso di partecipazione ed insaziabile solidarietà, a quegli sforzi. Mi getto con la mente tra le strade del centro di Roma, tra file silenziosamente compatte di un bagno di folla sceso in piazza per invocare la liberazione dei giornalisti rapiti, del popolo iraqueno… per liberare la vita…Ieri la nostra capitale ha accolto uno stuolo estremamente variegato di persone, dai volti noti, ai sorrisi più comuni; quelli freschi e canterini dei giovani,di famiglie, di associazioni e testate giornalistiche, quelli commossi e vivi di anziani raccolti da simpatetica partecipazione. Un monumento di speranza ha abbracciato i coniugi Sgrena, “piccoli” e riservati, il solido compagno di Giuliana, Pier Scolari, amici e colleghi e della giornalista italiana e di quella francese, Florence Aubenas, assieme al suo interprete iraqueno Hussein al Saadi. Il tutto su uno sfondo povero di ridondanti slogan quanto piuttosto ricco di un'unica parola d'ordine: “LIBERATELA, LIBERATELI !”.
Ieri anche la nostra associazione sentiva il bisogno di separarsi da teatrini viziati e propagandistici, sentiva il bisogno di unirsi a quel meraviglioso corteo. Così, non appena mi è stato chiesto di partire, ho accettato con incredibile entusiasmo e sono scesa tra le strade assieme a 500.000 persone, secondo le stime. Impossibile per me, quantificare quel bagno spontaneo di un popolo, che torna a parlare, che butta la propria vita per la pace. Tanti, tantissimi, un' onda scivolata da piazza della Repubblica fino al Circo Massimo, un piacevole nonché spontaneo dovere per chiunque perché non si può evitare di pensare, capire e nascondersi lasciando che altri decidano con imposizione per noi. Politica non partitismo, non schieramenti antagonisti: noi in piazza, loro nei palazzi del potere, ma voce di libertà. A muovere la folla c'era tanta commozione per quel viso semplice e sofferente di una donna che chiede di essere aiutata, che chiede di aiutare un popolo, quel viso ritratto nel video diffuso mercoledì 16 febbraio 2005, quel viso dei cartelloni, quei visi di bambini e civili colpiti dagli orrori della guerra.
Il rapimento di Giuliana è indubbiamente un evento sconvolgente, che ci tocca da vicino; è una donna di pace, una giornalista italiana e nella drammaticità di questa vicenda si fa spazio, forse, la possibilità di elevare un po' la discussione sull' Iraq che purtroppo precipita sempre più “a minimi storici di decenza politica e giornalistica” spacciando sempre più operazioni militari come umanitarie e salvifiche. E questo non è l'ennesimo stralcio di un eco scanzonato e sognatore, che si distacca dalla realtà concreta, perché anche i dati parlano e sostengono deboli afflati; su un miliardo di euro spesi finora meno del 7% è stato rivolto ad aiuti umanitari. E' questo il vero eco che rimbalza tra la pareti di deliri di potere, senza essere udito se non come un sussurro, un gracile titolo di coda dei nostri sensi, della nostra intelligenza.
Come si può ignorare ancora tutto questo,fingere di sperare che, senza un'azione, nostra, diretta, si possa cambiare qualcosa; è necessario sempre attendere tragici scossoni, gli tsunami, i rapimenti, le uccisioni per pensare, per accorgerci che anche noi siamo coinvolti?
Io, pressoché abituata a collezionare fortuiti e bizzarri incontri sugli autobus, mi sono ritrovata qualche giorno fa a dialogare con un'anziana signora. “Potrebbero ben toglierla quella bandiera, non si vede più niente!”, ha esclamato, gettando un'occhiata su uno dei pochi balconi rimasti a far brillare colori sbiaditi. E' un simbolo, un richiamo, un urlo silente che non deve seguire mode o cliché, che non si può togliere perché consunto e sbiadito, deve restare, la nostra parola non può rassegnarsi, non può rovinarsi come un tessuto liso da sole ed intemperie. “Signora, la mia forse è più rovinata, ma sempre più bella” ho gentilmente ribattuto.Di risposta, ha accennato un sorriso, forse l' ho solo immaginato, ha probabilmente borbottato qualcosa…”questi giovani!”…ma mi è piaciuto esprimere ciò che sono fiera di sentire.
Anche quella di sabato è stata una giornata forte e rinvigorente, una splendida lezione, di vita e…di risveglio; triste ammetterlo perché, non dovrebbero essere situazioni spiacevoli, estreme le sole, o quasi, a scuotere le nostre menti, la nostra strangolante quotidianità. Ci impegniamo così tanto nell'estenuante ricerca di elisir di felicità, confezionando l'apparenza e l'effimero come la nostra benefica soluzione e finiamo col perdere vista, sconfitti ed insoddisfatti, la nostra natura, le nostre reali potenzialità.
Sarò sicuramente stonata e ripetitiva, ma questo è il mio messaggio, che non voglio schiacciare, che voglio ostentare e l'associazione è un fertile terreno per assistere alla nascita dei miei, dei nostri frutti.
Silvia Nanni

 

 

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