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La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, è una grande terra da sempre sottoposta alle vessazioni colonialistiche, viste le sue immense ricchezze; rappresenta il paradosso, tanto è vero che molti congolesi ripetono che sarebbero stati molto meglio se la loro terra fosse stata meno ricca. Sembrerebbe vero che più un paese è ricco di risorse naturali, più cresce la sua dipendenza da esse, più rapidamente scende la sua posizione nella classifica dello sviluppo umano.
Il Congo è stato e continua ad essere il carburante del mondo moderno e per questo non ha mai smesso di soffrire. Il Paese, geograficamente nel cuore dell'Africa, è tra i più ricchi di risorse naturali nel mondo intero: prima gli schiavi usati come forza lavoro negli Stati Uniti, poi gli elementi naturali come il caucciù, l'avorio e il legno, minerali come l'oro, il rame, il cobalto e i diamanti e infine il coltan, il minerale misterioso che fa girare i microchip dei computer e dei telefonini. Una ricchezza impressionante che ha posto sempre al centro dell'economia il Congo e che gli avrebbe potuto garantire una ricchezza superiore a quella dei paesi produttori di petrolio e invece è stata la dannazione per il Paese e per i suoi abitanti. Hanno cominciato a depredare il paese i commercianti di schiavi nel diciottesimo secolo e lo stanno finendo gli eserciti africani e le multinazionali statunitensi oggi.
Negli ultimi anni i conflitti scoppiati dopo la caduta del dittatore Mobutu Sese Seko hanno causato 3,8 milioni di morti, il numero più alto per un conflitto dopo la seconda guerra mondiale, con una media di 31 mila persone che muoiono mensilmente. Un numero di gran lunga superiore a quello causato dalla guerra del Vietnam e dai conflitti in corso in Afghanistan e Iraq.
L'incubo per gli abitanti del Congo iniziò nel 1700 con le deportazioni di schiavi verso gli Stati Uniti . I mercanti di schiavi arrivarono nel Paese, si stabilirono sulle rive del fiume Congo e da lì si spingevano all'interno, catturavano gli uomini adulti e li caricavano su bastimenti diretti alle piantagioni negli Stati Uniti. Dopo la fine del commercio degli schiavi quel territorio, come gran parte dell'Africa, venne conquistato dagli europei che depredarono risorse come l' avorio e il caucciù e provocarono violenze infinite. Il territorio del Congo diventò per 23 anni proprietà privata di Leopoldo II re del Belgio che costruì una grande fortuna grazie allo sfruttamento delle risorse e degli schiavi, questa volta sul loro stesso territorio, utilizzati per la raccolta del caucciù, materia pregiata per la nascente industria della gomma. Il suo esercito privato uccise circa 10 milioni di persone, la metà dell'intera popolazione.
Nel 1908 il Congo venne incorporato dal governo del Belgio e la carneficina indotta dal dominio dispotico di Leopoldo II si fermò, continuò, però, lo sfruttamento delle risorse. Con la dichiarazione di indipendenza del 1960 , il Paese venne governato dal dittatore Mobutu Sese Seko che raggiunse il potere grazie al sostegno degli Stati Uniti e soprattutto agli aiuti economici di circa un miliardo di dollari.
Mobutu sfruttò le risorse al pari degli altri conquistatori e visse nello sfarzo nel suo palazzo di marmo nella capitale, acquistò lussuose ville e palazzi in tutta Europa, trasferì capitali all'estero, fino alla sua caduta nel 1997 . Secondo alcune stime, nei suoi quasi quarant'anni di dominio assoluto depredò risorse per 4 miliardi di dollari.
La cacciata del dittatore cui seguì l'invasione del territorio , rimasto senza una guida stabile, da parte degli eserciti dei paesi vicini e degli eserciti formati da mercenari peggiorò una situazione di per sé tragica: negli ultimi sei anni si contano milioni di morti senza che questo abbia destato il minimo interesse nell'opinione pubblica internazionale che silenziosamente ha “girato il capo” fingendo di non vedere. Gli eserciti e i mercenari che hanno attaccato il Paese da ogni parte, non hanno mai mostrato un disegno politico né un disegno ideologico, ma il loro interesse resta soltanto quello dello sfruttamento delle risorse del Paese. Questo atteggiamento politico risulta essere ampiamente supportato dai governi occidentali e soprattutto dalle multinazionali, in gran parte statunitensi, che hanno interessi a una sorta di balcanizzazione del paese in maniera da poter controllare meglio le risorse e il loro prezzo. L'unico passo che è stato fatto dal mondo occidentale per cercare di fermare i conflitti e lo sfruttamento della guerra al fine di mantenere i prezzi delle risorse minerarie sotto controllo è stata la moratoria sui diamanti, per la quale 50 paesi, compresi gli Stati Uniti, si sono impegnati a non commercializzare più diamanti provenienti dai paesi dove esistono conflitti proprio per l'accaparramento di tale minerale. Un accordo che, anche se per il momento non funziona ancora perfettamente, viene ben visto dalla Banca Mondiale come modello da applicare anche agli altri minerali "insanguinati". L'ultimo di questi è il coltan , una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata dai minerali di colombite e tantalite dalla cui contrazione deriva il nome "coltan". Dal coltan viene estratto il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla corrosione, usato per la costruzione di turbine aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole dimensioni. E' usato per aumentare la potenza degli apparecchi riducendo il consumo di energia.
Il minerale, mette di nuovo al centro della produzione mondiale il Congo che potrebbe sfruttare l'attuale rivoluzione tecnologica per arricchirsi e invece, proprio a causa dell'interesse delle multinazionali al minerale e al contenimento del suo prezzo, continua ad essere la vittima di una carneficina continua da parte di predatori di ogni genere.
Il traffico di coltan avrebbe fruttato ai guerriglieri del Raggruppamento congolese per la democrazia circa un milione di dollari al mese, che sarebbero stati impiegati per finanziare la guerra contro il governo di Kinshasha. Dopo la diffusione di queste notizie, diverse associazioni non governative belghe hanno lanciato una campagna di protesta con lo slogan ''niente sangue sul mio Gsm''. E proprio le pressioni delle ong hanno convinto la compagnia aerea belga Sabena (citata nel rapporto ONU insieme ad altre 13 compagnie) e la svizzera Swissair a sospendere il trasporto del coltan.
Nel 1994 il genocidio e la guerra civile ruandese provocarono un enorme flusso di profughi: oltre un milione, verso il Congo (allora ancora Zaire). Arrivarono migliaia di disperati disposti a tutto pur di vendicare le pulizie etniche subite da hutu e tutsi. Nel 1996, in settembre scoppiò la guerra nella regione del Kivu (a est del Paese). A guidare i ribelli fu Laurent Desiré Kabila, con il sostegno dei governi di Ruanda (ormai saldamente in mano ai tutsi) e Uganda. Due disegni autonomi ma complementari contribuirono a creare le condizioni per l'inizio della prima guerra del Congo:
1) da un lato le ambizioni egemoniche dei tutsi che puntavano a fare della regione zairese del Kivu lo spazio naturale dell'allargamento della loro influenza nella zona;
2) dall'altro l'offensiva anglo-americana in funzione antifrancese, che riproponeva in chiave contemporanea la storica battaglia anglo-francese per la conquista dei territori dell'Africa orientale.
•  La prima guerra del Congo faceva parte di un ambizioso progetto regionale, un tentativo di ridisegnare la mappa dell'Africa non tramite un lento processo di integrazione negoziata ma attraverso l'occupazione militare. Capeggiata da Laurent-Désiré Kabila, la rivolta dei "banyamulenge" (popolazioni d'etnia tutsi della regione del Kivu alla frontiera con il Ruanda) divenne un pretesto che prese avvio da una rivendicazione legittima per attuare un progetto di più ampio respiro: l'occupazione militare dello Zaire, il controllo del suo immenso territorio e delle sue ricchezze minerali.
•  Nel '97 Kabila avanzò verso la capitale mentre le forze armate regolari si dissolsero. Il 17 maggio Kabila si proclamò capo dello Stato subito dopo la partenza da Kinshasa del maresciallo Mobutu Sese Seko al potere da 32 anni, da quando lo Zaire era diventato indipendente dal Belgio. Il paese divenne Repubblica Democratica del Congo e Kabila assunse pieni poteri, reprimendo brutalmente ogni opposizione interna anche se Kabila non aveva margini d'autonomia, in quanto doveva rispondere in tutto e per tutto ai suoi padrini politici ruandesi. Kigali (Ruanda) suonava la musica e Kinshasa ballava (Congo).
•  Nel '98, in agosto, scoppiò una nuova ribellione nel Kivu, questa volta contro il regime di Kabila , da parte di ex militari zairesi e miliziani banyamulenge (congolesi tutsi di origine ruandese). La rivolta si trasformò rapidamente in una guerra regionale con l'intervento di Ruanda, Burundi e Uganda a fianco dei ribelli e di Angola, Namibia e Zimbabwe a sostegno di Kabila.
•  Il 18 aprile 1999 Kabila e il presidente ugandese Yoveri Museveni firmarono in Libia un accordo che prevedeva un cessate il fuoco e il ritiro delle forze straniere, ma il conflitto continuò. Il 10 luglio un nuovo accordo venne firmato da Kabila e i suoi alleati, oltre che da Uganda e Ruanda, ma anche questo accordo venne disatteso. Secondo fonti Onu continuarono i massacri e le violenze.
•  L'ONU, finalmente, intervenne nel febbraio 2000 , inviando 5.537 soldati: il 17 giugno l'Onu approvò una risoluzione secondo la quale si prevedeva il ritiro di tutte le forze straniere senza, però, fissare una data limite e tutto, o quasi, restò immutato.
•  Il 6 dicembre 2000 le parti in conflitto, fatta eccezione per uno dei tre movimenti ribelli, firmarono un accordo di disimpegno delle loro forze per permettere il dispiegamento della forza dell'Onu. Il problema rimase in quanto nessuna delle Potenze confinanti voleva lasciare il Congo per prima, nessuna delle fazioni esprimeva l'intenzione di disarmarsi. A gennaio Kabila-padre venne assassinato ed il parlamento proclamò presidente suo figlio, il generale Joseph Kabila , che ad inizio aprile destituì il governo. Il nuovo esecutivo, tra l'altro, liberalizzò il commercio dei diamanti, prima fonte di valuta per il Paese, sospendendo il monopolio di acquisto ed esportazione di una società israeliana . Secondo stime ufficiali, il potenziale di esportazione del settore diamantifero della Rdc è dell'ordine di 600 milioni di dollari all'anno, ma le esportazioni legali non superano attualmente i 240 milioni di dollari. I resto, se ne va in contrabbando, e la liberalizzazione dei traffici potrebbe arginare, si spera, il fenomeno.
•  La signora della guerra : alle spalle delle compagnie regolarmente registrate, con tanto di consiglio di amministrazione e sede legale, prospera il contrabbando. Regina, secondo il rapporto ONU sul Congo, è una donna nota nella regione dei Grandi Laghi: Aziza Gulamali Kulsum. Ha una fabbrica di sigarette a Bukavu, alla frontiera con il Ruanda, ha rifornito di armi i ribelli hutu del Burundi. Ma soprattutto, è in grado di spostare qualsiasi bene (oro, avorio, armi, e anche coltan) in un'area dove nessun potere statale controlla il territorio. Finanzia regolarmente i ribelli del Congo e esporta il coltan via Ruanda.
Il traffico diventa così ingente da portare alla creazione della SOMIGL (Société minière des Grands Lacs), monopolista delle export di coltan, che versa il 10% dei ricavi dichiarati alla Repubblica Democratica del Congo , e il resto ai ribelli congolesi appoggiati dal Ruanda. I cosiddetti "signori della guerra" non agiscono in base a motivazioni etniche o politiche, essi strumentalizzano l'appartenenza etnica o le divergenze politiche spesso artificiali per alimentare e consolidare reti affaristico-mafiose che obbediscono più alle logiche dell'accumulazione del capitale che a programmi di conquista politica e di governo della "res pubblica".
Interessi privati, vedi l'operato dei cosiddetti “signori della guerra” più o meno organizzati in sistemi criminali, multinazionali senza scrupoli e criminalità organizzata in genere hanno e continuano ad alimentare i conflitti africani negli ultimi decenni seguendo una modalità facilmente decodificabile nel controllo delle ricchezze naturali del Paese in questione. La globalizzazione neoliberista in corso ha aggiunto una nuova dimensione alla guerra contemporanea: gruppi armati di alcune delle aree più remote del pianeta possono essere direttamente collegati con canali commerciali «nel cuore tecnologico della società metropolitana». In un circolo vizioso, lo sfruttamento delle risorse alimenta la guerra, e la guerra consente di continuare lo sfruttamento delle risorse integrate in una complessa combinazione di fattori politici, sociali, economici e militari atti ad alimentare i conflitti. Gli stati che scivolano nella guerra sono, in genere, deboli, repressivi, non democratici ed economicamente vulnerabili
I giovani spesso si uniscono alle formazioni ribelli in quanto non percepiscono alternative adeguate all'auspicato miglioramento della loro stessa qualità di vita, intravedono così come unica via di uscita l'allineamento nelle fila dei guerriglieri quasi fosse l'ultima ancora di salvezza.
Le guerre per le risorse spesso si svolgono con estrema e continua atrocità verso la popolazione civile: da un lato i governi corrotti basano il loro potere sul drenaggio di risorse e non sul consenso popolare, mentre i ribelli sono solo interessati al saccheggio e non hanno bisogno di avvicinare i civili alla loro causa, anzi, spesso è vero il contrario. I saccheggiatori «ripuliscono» le aree che intendono sfruttare attraverso l'uso del terrore e degli stupri. I civili vengono costretti a servire come schiavi, prostitute o bambini soldato.
Il commercio internazionale è la chiave per capire come i network di contrabbando riescano a funzionare con tanta efficienza. L'economia illegale alimenta quella legale in un sottobosco di crimine e alta finanza. Elemento cruciale della catena è il traffico di armi . Secondo una fonte, forse non più di 120 persone al mondo sono responsabili per la maggior parte delle armi leggere che arrivano in Africa, comprese quelle finite alle milizie ruandesi nel genocidio del 1994. Le compagnie di trasporto marittimo o aereo giocano un ruolo essenziale.
Perché la pace in questi paesi duri, perché la povertà sia eliminata e le società ricostruite, bisogna rimuovere le cause profonde dei conflitti. Aprire le chiuse degli investimenti internazionali, prima che il saccheggio sia stato fermato, se non addirittura indagato e dunque sottoposto alla giustizia, è un'operazione che seminerà altra corruzione e altra guerra. Stiamo parlando di un paese vittima della sua posizione geografica, nel cuore del continente, della ricchezza e varietà del suo sottosuolo definito un vero e proprio "scandalo geologico". Il Congo ha assunto negli anni il drammatico ruolo di epicentro e catalizzatore di tutte le convulsioni socio-politiche e di tutte le vecchie e nuove ricomposizioni geopolitiche del continente. Se l'Africa fosse paragonata ad una pistola, diceva il famoso teorico terzomondista Frantz Fanon, il suo grilletto si troverebbe in Congo.
Comitato Anti-Bouaky : l'attività della società civile nel processo di democratizzazione che oggi ha portato alle elezioni (30 luglio '06) Il Comitato non solo è un' organizzazione di sviluppo, ma si è trasformato in un'organizzazione costituita dalla società civile, prova ad indirizzare la gente verso una presa di coscienza socio-politica in riferimento al perseguimento di un'unità nazionale supportata da un governo ad impronta democratica capace di salvaguardare i diritti civili così messi a dura prova in quel paese, in quel continente. Non è una lotta solo contro la fame, ma anche contro l'ignoranza, l'immaturità civile e politica
Come ci dice il segretario del Comitato anti-Bouaky del Sud Kivu: "Per noi le elezioni sono il punto di partenza che permette alle popolazioni di esercitare i loro diritti, scegliendo uno stato basato sulla democrazia, sui diritti equiparati a tutti i paesi del mondo. Oggi ci sono le elezioni e ne siamo contenti perché ci possono fare evitare il massacro che abbiamo subito negli ultimi anni di guerre. Durante la campagna elettorale il popolo congolese ha mostrato la sua maturità, scegliendo il governo democratico, e libero e la popolazione è contenta del fatto che tutte le forze che facevano la guerra siano disarmate. Noi stiamo accompagnando da anni il paese verso le elezioni che il 30 luglio diverranno una realtà.
Che rappresentano le elezioni per noi ? Il 30 luglio, se tutto va bene, a Kivu, la zona orientale, la più martoriata negli ultimi anni, sarà come l'inizio dell'indipendenza, il giorno della vera indipendenza, il popolo è riabilitato al suo diritto per dire il suo diritto. Sarà anche il giorno in cui il popolo sanzionerà tutti i traditori, criminali e politici mediocri che hanno fatto del Congo una nazione svilita agli occhi del mondo. Il 30 luglio le persone che non hanno le mani sporche di sangue e che non hanno partecipato alla distruzione del Congo verranno eletti per la sua ricostruzione con un mandato del popolo che sorveglierà, questa volta. Quindi le elezioni sono una tappa importante, che ci permette di rinnovare con la legalità del potere e della funzione pubblica in Congo”.
POLITICA-RDC :
Disillusione per gli scontri post-elettorali
Juakali Kambale

KINSHASA, 27 agosto 2006 (IPS) - L´esplosione delle ostilità a Kinshasa sembra essersi avviata verso una conclusione mercoledì scorso, quando funzionari delle Nazioni Unite e diplomatici hanno lavorato per riportare la calma nella capitale congolese durante la corsa al secondo turno delle elezioni presidenziali.

Le violenze erano iniziate domenica scorsa, giorno dell´annuncio dei risultati provvisori del primo turno elettorale svoltosi il 30 luglio - quando si erano tenute le prime elezioni multi-partitiche nella Repubblica democratica del Congo (RDC) dopo oltre 40 anni.

Il presidente Joseph Kabila, e il vicepresidente ed ex leader dei ribelli Jean-Pierre Bemba, sono emersi da un gruppo di 33 candidati rispettivamente con il 44,81 per cento e il 20,03 per cento dei voti. Tuttavia, dato che nessuno dei candidati aveva ottenuto più del 50 per cento delle preferenze, sarà necessario un secondo turno elettorale, previsto per il 29 ottobre.

Membri della guardia presidenziale si sono scontrati con le truppe di protezione di Bemba sulle strade di Kinshasa prima che il risultato del primo turno venisse reso noto dalla televisione nazionale - ritardando l´annuncio.

Sembra che il capo della Commissione elettorale indipendente, Apollinaire Malu Malu, sia stato obbligato a recarsi presso gli uffici della stazione televisiva in un veicolo blindato fornito dalla Missione delle Nazioni Unite per la Repubblica democratica del Congo (Mission des Nations Unies en République démocratique du Congo, MONUC) per comunicare il risultato del conteggio dei voti.

L´Onu ha dispiegato nella RDC la più imponente forza di pace del mondo per vigilare sulle elezioni e disarmare i miliziani rimasti attivi nel Congo orientale, dopo la fine della più recente guerra civile del paese (1998-2002).

Lunedì sera, scariche di armi pesanti si sono sentite intorno alla residenza di Bemba, anche mentre il candidato stava tenendo un incontro con 14 ambasciatori di paesi membri della Commissione internazionale incaricata di vigilare sulla transizione nella RDC.

Martedì mattina a Kinshasa sono ripresi gli spari, con gli accampamenti di Kabila e di Bemba che si accusavano a vicenda per gli scontri.

Parlando degli scontri intorno alla residenza di Bemba, lunedì, uno dei soldati che sostengono il vicepresidente ha detto all´IPS che membri della guardia presidenziale avevano sparato a bruciapelo su uno degli agenti di Bemba. Emile Muswamba ha riferito che quest´uomo era stato intervistato anche domenica, vicino alla sede della "Congo Canal Télévision", stazione di proprietà di Bemba.

"L´uomo, legato alla sicurezza di Bemba, aveva lasciato la sua postazione alla ricerca di una sigaretta, e si è trovato faccia a faccia con una pattuglia della guardia presidenziale che ha cercato di disarmarlo. Lui ha sparato per...auto-difesa su uno dei membri della guardia presidenziale, che lo ha immediatamente ucciso", ha raccontato Muswamba, dichiarando che da quel momento in poi la situazione è peggiorata.

Mentre l´accordo che poneva fine al conflitto del 1998-2002 ha portato i combattenti in un governo di transizione con la divisione dei poteri, Bemba e altri leader degli ex ribelli hanno mantenuto le forze di auto-protezione, e le relazioni tra questi gruppi sono tese.

Altri hanno una visione diversa degli eventi di lunedì, e puntano l´indice verso le truppe di Bemba.

"Hanno sparato sul Palazzo della Nazione (Palais de la Nation), l´edificio dove lavora il capo di stato, e catturato due...membri della guardia (presidenziale) prima di ritirarsi verso la residenza di Jean-Pierre Bemba. Questo spiega perché lunedì sera, come reazione, la Guardia repubblicana abbia assediato la residenza di Jean-Pierre Bemba", ha dichiarato il giornalista Lubunga bya Ombe.

Fino a mercoledì non era stato riportato un bilancio ufficiale delle vittime, malgrado secondo alcuni fossero oltre una dozzina - e secondo altri arrivassero a circa 30.

Sia Kabila che Bemba sono ora d´accordo sulla decisione di fermare le loro truppe. Secondo quanto riportato, con un cessate il fuoco, i candidati consentirebbero che le zone di Kinshasa precedentemente sotto il loro controllo venissero sorvegliate dalla polizia nazionale. Pare che rappresentanti di Kabila e Bemba, il MONUC, una forza europea in Congo per aiutare a mantenere la stabilità durante le elezioni, e membri dell´esercito assicureranno alla polizia il controllo in queste aree.

Inoltre, Bemba è stato affidato alla protezione del MONUC, che ha disposto un contingente considerevole intorno alla sua residenza.

Da parte loro, i cittadini congolesi dicono di essere arrabbiati e scoraggiati dagli eventi degli ultimi giorni, soprattutto dopo la relativa calma delle elezioni del 30 luglio.

La speranza era che le votazioni del mese scorso avrebbero portato una pace duratura a questo grande paese dell´Africa centrale, dove decenni di malgoverno e di conflitto sono scaturiti nel dilagare di povertà e degrado. Secondo i dati riportati, circa quattro milioni di persone hanno perso la vita nella guerra del 1998-2002. (FINE/2006) http://www.ipsnotizie.it/nota.php?idnews=738
Nuova missione ad ottobre per il secondo turno elettorale
www.beati.org
Padova, 31 agosto 2006
Il 29 ottobre prossimo ci sarà la seconda tornata elettorale nella Repubblica Democratica del Congo.
Si procederà al ballottaggio per le presidenziali e alla elezione dei Consigli delle Province (le nostre Regioni).
Si tratterà di un passaggio particolarmente delicato, anche perché la spinta ideale e la maturità politica espressa dalla popolazione nella prima tornata elettorale non sempre trovano un adeguato riscontro in chi dovrebbe gestire il potere. Soprattutto a Kinshasa ci sono turbolenze che potrebbero minacciare tutto il processo in atto per la democrazia e la pace, fortemente voluto dal popolo congolese.
Dopo aver sperimentato il 30 luglio scorso, nella prima giornata di elezioni, quanto importante e quanto richiesta da tutti sia la presenza internazionale, come associazioni "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa" rinnoviamo la proposta di partecipare come osservatori internazionali volontari, sempre nelle province del Sud e Nord Kivu al prossimo turno elettorale il 29 ottobre.
Sappiamo che i tempi per l'organizzazione sono strettissimi, chi può diffonda la notizia.
Sarebbe molto interessante trovare persone disponibili degli Enti locali; darebbero uno specifico contributo di competenza.
I dettagli del progetto verranno costruiti e condivisi assieme con quanti potranno partecipare; dobbiamo da subito però anticipare che ci saranno due fine settimana obbligatori per la formazione.
Il Congo attende in apnea l'elezione del suo presidente
Il Paese verso un ballottaggio ad alta tensione tra Joseph Kabila e Jean Pierre Bemba
Emanuele Piano
Fonte: Liberazione ( http://www.liberazione.it )
15 settembre 2006
La calma prima della tempesta. La Repubblica Democratica del Congo vive come in apnea l'attesa per il secondo turno delle elezioni presidenziali - il primo si è tenuto lo scorso 30 luglio - che vedranno di fronte l'attuale presidente del governo transitorio, Joseph Kabila, e uno dei quattro vicepresidenti, Jean Pierre Bemba. Il primo è il figlio di Laurent Desiré Kabila, l'uomo che prese il posto di Mobutu Sese Seko nel 1997, prima di essere ucciso in circostanze mai chiarite nel gennaio del 2001. Ufficialmente da dei bambini soldato, dei kadago in lingala, ma un adagio dell'uomo della strada a Kinshasa recita: «In Africa chi uccide un presidente è quello che gli prende il posto e il Congo non è una monarchia». Nel suo passato il comando delle milizie paterne; alcuni sostengono che fosse lui a capo dei plotoni di esecuzione.
Anche Bemba è figlio di padre illustre. Jeannot Bemba Salona era un uomo di affari legato a Mobutu; la vicinanza al raìs congolese gli ha fruttato una fortuna fatta di loschi traffici di materie prime - soprattutto oro e diamanti - e copiosi fondi all'estero. Il figlio era alla guida del Movimento di liberazione congolese (Mlc), sostenuto dall'Uganda, che, durante la guerra civile dal 1998 al 2003 costata la vita ad almeno quattro milioni di persone, curava gli interessi di Kampala nell'Ituri. Bemba junior è accusato i cannibalismo, è in corso un'indagine all'Aja. Oggi è a capo di un impero di affari, tra cui un paio di canali televisivi che usa per farsi propaganda.
Il calendario fissato dalla Commissione elettorale indipendente (Cei) congolese sancisce per il 29 ottobre il voto del ballottaggio, in corrispondenza delle elezioni per i governi locali, e il 10 dicembre l'investitura del nuovo presidente. Le avvisaglie di quello che potrebbe essere un pericoloso ritorno al passato, che per la verità nessun congolese vorrebbe vedere, si sono avute lo scorso 20 agosto. Quello che è avvenuto quel giorno è avvolto nel mistero e, come per ogni cosa succeda nella Rdc, i fatti diventano presto mito, le voci verità. Un unico dato di quei tre giorni di scontri è il numero dei morti: almeno una ventina, ma c'è chi arriva sino a 300 e parla di cadaveri gettati nel fiume Congo.
Secondo una prima ricostruzione, gli uomini di Bemba avevano accerchiato la sede della Commissione elettorale indipendente (Cei) prima che questa potesse annunciare l'esito del voto. Con un migliaio di uomini, tutti provenienti da uomini a lui fedeli nell'esercito e nella polizia, nei punti strategici della città, il Mlc era intenzionato a tentare il golpe. L'intervento della Monuc e la reazione dell'esercito hanno consentito l'evacuazione del presidente della Cei, Apollinaire Malu Malu, che è poi stato portato alla televisione di Stato per comunicare i risultati.
Il 21 agosto, giorno successivo a questa prova di forza, gli ambasciatori del Ciat - il comitato che accompagna la transizione congolese e composto dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più Unione Africa, Angola e Sud Africa - si sono recati all'una nella residenza di Jean Pierre Bemba. Secondo alcuni pareri, Joseph Kabila, timoroso che il rivale potesse ottenere l'avallo della comunità internazionale per il golpe, ha inviato contro la casa di Bemba l'esercito ed almeno una decina di carri armati. Questo è avvenuto alle 16:00 circa. La Monuc è intervenuta a liberare gli ambasciatori soltanto due ore e trenta dopo.
Jean Pierre Bemba, incontrato alla sua residenza affollata da militari in borghese e la cui corporatura imponente è quasi paciosa e mal si concilia con l'immagine di "mangiauomini", sostiene: «Kabila ha tentato di assassinarmi per eliminarmi fisicamente ed instaurare una dittatura». Chi, sotto le cannonate, era in contatto con Kabila era il rappresentante dell'Onu nella Rdc: William Swing. Già due volte ambasciatore Usa a Kinshasa è, secondo vox populi, «l'assassino di Kabila (padre)» per il suo essere stato «un rivoluzionario degli anni '60 al potere con trent'anni di ritardo».
Per Swing, dai modi affabili, elegante nel suo smoking e innamorato, insieme alle moglie, di Roma, «non c'è stato attacco agli ambasciatori» e «una commissione di inchiesta appurerà l'accaduto». Non è successo niente, la comunità internazionale ha stentato a condannare l'accaduto e tutto continua come se niente fosse.
La necessità che si arrivi al termine del processo di transizione, iniziato tre anni fa e già con un anno di ritardo sulla tabella di marcia inizialmente stabilita, è anche il viceministro degli Esteri, Patrizia Sentinelli, in visita per due giorni nella Rdc. «La comunità internazionale deve aiutare il Congo a chiudere questa fase delicata. Lo chiede il popolo congolese la cui voglia di pace è stata testimoniata con la massiccia presenza alle urne al primo turno. Vogliamo evitare che alla tensione segua la disaffezione», dice Sentinelli che ha incontrato, tra gli altri, i due candidati e sottoscritto con la Rdc un accordo sugli investimenti italiani nel Paese. Ma è in questo momento tutta la comunità internazionale a percepire la precarietà della situazione. Soltanto questa settimana si sono recati a Kishasa Javier Solana, "ministro degli esteri" dell'Ue - secondo cui «Kabila può vincere al secondo turno» -, Thabo Mbeki, presidente del Sud Africa e stato mediatore nel conflitto, e il ministro della Difesa belga. Il Ciat ha proposto il rientro nelle caserme di esercito e milizie personali. La Cei chiede che l'Onu, la cui missione in Congo ha schierato migliaia di uomini nella capitale congolese e i cui blindati sono visibili agli angoli delle strade, e l'Eufor (la forza di interposizione europea inviata per le elezioni) «garantiscano la sicurezza a Kinshasa».
Se le armi fremono, si muove anche il variopinto panorama politico congolese. Nel mese che manca al voto si stringono alleanze alla ricerca dei consensi per garantirsi l'elezione. A parere unanime, l'ago della bilancia sarà Antoine Gizenga, ottantenne a capo del Partito lumumbista (Palu) forte del terzo posto alle presidenziali con il 13 percento che il 30 agosto è stato in visita sia da Bemba che da Kabila. Secondo voci di popolo l'ex vicepremier di Patrice Lumumba, il primo primo ministro del Congo indipendente ucciso dalla Cia e dai servizi belgi nel 1961, sarebbe stato comprato dal presidente del governo di transizione per due milioni di dollari. Altri sostengono che il sostegno a Kabila sia dovuto al fatto che suo padre, Joseph, fosse stato ministro del governo di Gizenga, a Stanleyville, oggi Kisangani, ai tempi del governo ribelle. Resta l'incognita sull'indicazione di voto da parte degli elettori del Palu, tradizionali oppositori di Mubutu prima e oggi di Kabila. Gli accordi per il secondo turno sono fondamentali anche vista la composizione del nuovo Parlamento. La coalizione di Kabila ha tra i 208 ed i 230 seggi, mentre il partito di Bemba ne detiene un centinaio. Il Palu sta di Gisenza una trentina. Il Primo ministro, secondo la nuova Costituzione, dovrà essere eletto dai deputati, che sono in tutto cinquecento, e non più dal capo dello Stato. http://italy.peacelink.org/conflitti/articles/art_18641.html

 

 

 

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