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Libano - 12.12.2007 
La diplomazia del tritolo
Ucciso il possibile successore di Suleiman a capo dell'esercito
Beirut, un'autobomba con 35 kg di tritolo uccide Francois al-Hajj, comandante delle operazioni dell'esercito libanese, e il suo autista. E' il 17esimo attentato dal Febbraio 2005.
Oggi i politici libanesi, e con loro i media regionali e internazionali, fanno a gara a puntare il dito contro i presunti mandanti dell'attentato che, stamani verso le sette ora locale, ha ucciso François al-Hajj, comandante delle operazioni dell'esercito libanese e possibile successore del comandante in capo dell'esercito, Michel Suleiman, in caso di una sua elezione alla presidenza della Repubblica. L'esplosione è avvenuta nel quartiere di Hadath Kfar Shima, a Baabda, località est di Beirut, dove sorgono varie ambasciate, tra cui quella italiana. La bomba, 35 kg di tritolo, era stata piazzata, secondo fonti militari libanesi, in una Bmw modello 1978, parcheggiata nei pressi del municipio di Baabda, dove il generale Al-Hajj soleva passare per recarsi al ministero della Difesa, situato nello stesso quartiere. Con lui è morto il suo autista-guardia del corpo e sette sarebbero i feriti secondo il responsabile della Croce Rossa libanese.
Il presunto colpevole sarà ancora una volta la Siria, per la maggioranza al governo, il nemico Israele invece, che si alterna con gli Stati Uniti, per l'opposizione capeggiata da Hezbollah. Sembra questo l'unico argomento su cui il blocco 14 e 8 Marzo mantengono ancora una posizione ferma e decisa. I volti dei politici di maggioranza e di opposizione sfilano sugli schermi televisivi, mescolandosi alla rabbia e alla disperazione della gente che mostra l'altra faccia del Libano, quella che più volte è ignorata dai media, quella cioè di un paese che non ne può più, né dei suoi politici né delle ingerenze esterne. Le conferenze stampa dei leader, dirigenti e stavolta anche di ex generali si moltiplicano. “Ieri il vicepresidente sirano Faruk al Sharaa aveva garantito che la Siria era ancora più fortemente presente in Libano rispetto ad una volta, e oggi l'ha dimostrato”, ha detto, riferendosi all'assassinio di Al- Hajj, Dori Chama'un, leader del partito Liberale Nazionale, alla televisione qatariota al-Jazeera. “Sono gli alleati della Siria ad essere accusati e il discorso di Faruk al Sharaa è sbagliato perche i loro alleati sono meno potenti di un tempo” ha risposto il leader delle Forze Libanesi Samir Geagea, sul quotidiano An-Nahar. “Questo assassinio rende servizio a Stati Uniti, Israele e Forze Libanesi” ha riferito il generale in pensione Walid Succariyeh, all'agenzia di stampa libanese Nna, “i Kataeb (la falange cristiana capeggiata dalla famiglia Gemayel, ndr) hanno mandato qualcuno a convincere al-Hajj ad assumere il controllo della zona cuscinetto stabilita da Israele al Sud, ma lui ha rifiutato” ha detto ancora Succarieh e “la risposta di questo rifiuto è stata questa bomba” ha aggiunto
“A beneficiare di questo crimine sono Israele e i suoi agenti in Libano” ha fatto sapere il governo di Damasco tramite l'agenzia ufficiale di stampa siriana la Sana, e ha proseguito ricordando che "Israele aveva già bombardato l'auto di al-Hajj nel 1976, nel sud del Libano, e lo aveva minacciato durante la guerra del 2006, a causa del sostegno dell'esercito alla resistenza Hezbollah”. Ad Hassan, 19 anni, della periferia est di Beirut, l'attentanto di stamattina avrebbe potuto costare la vita. “Ho sentito un gran boato, la casa del mio amico dove ero rimasto a dormire ieri non è lontana dal municipio di Baabda, dove è avvenuta l'esplosione” e continua: “Abbiamo avuto paura, c'erano fiamme e fumo dappertutto e subito abbiamo capito che si trattava molto probabilmente dell'ennesimo attentato”. Hassan, sciita la scorsa estate, aveva deciso di lasciare la sua scuola a Sin el Fil, quartiere cristiano, per paura di una escalation di odio confessionale e aveva deciso di iscriversi in una scuola di Baabda, dove sembra che le classi siano piu “interconfessionali”.
E' il diciassettessimo attentato, questo, dal 14 Febbraio 2005, giorno in cui morì in un esplosione l'ex premier Rafiq Hariri, ma è il primo contro un responsabile militare. Il comandante Francois al-Hajj aveva diretto per quindici settimane le operazioni militari contro i guerriglieri del gruppo Fatah al-Islam nel campo profughi di Nahr al Bared, nord di Beirut, la scorsa estate. Altri presunti autori dell'attentato potrebbero essere proprio membri del gruppuscolo di Fatah al-Islam, che si sarebbero in questo modo vendicati della sconfitta impartita dal generale al loro gruppo. “Il messaggio è chiaro,
vogliono far sprofondare il paese nel caos, nel vuoto. La colpa è di un mancato compromesso sull'elezione presidenziale tra maggioranza e opposizione e noi stiamo qui aspettiando non so cosa”, dice Darwish, 25 anni, di Beirut. “La falange cristiana e le forze libanesi sono i responsabili di quest'attentato. Loro sono gli alleati libanesi di Israele”, dice George, 29 anni, di Beirut. “Basta! Vogliamo il Libano” dice Jinane, 24 anni della periferia est di Beirut. Sembra proprio che l'elezione presidenziale, prevista dopo il nono rinvio per il 17 dicembre, sia ritornata alla casella di partenza di quel gioco che maggiornaza e opposizione si ostinano a portare avanti.
Erminia Calabrese
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