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Il vicerè Cuffaro: condannato e contento

di Pino Finocchiaro
Ci sono voluti quasi due giorni e mezzo di camera di Consiglio alla terza sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Vittorio Alcamo, per emettere la sentenza di primo grado del processo sulle talpe nella Direzione distrettuale antimafia.  Così, il governatore della Sicilia, Toto Cuffaro, non e' associato alla mafia, ma ha favorito, secondo i giudici, l'imprenditore Michele Aiello (condannato per associazione mafiosa a 14 anni) aiutandolo nelle sue attività e nei suoi rapporti con le istituzioni regionali. Per questo Cuffaro è stato condannato dal tribunale di Palermo a cinque anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Pena, ovviamente, non esecutiva sino al pronunciamento finale.
Cuffaro ha accolto con entusiamo la sentenza di condanna che ha fatto cadere il favoreggiamento mafioso. Toto' Cuffaro ha detto che non si dimetterà e resterà alla guida della Regione.
Ma l'entusiasmo del capo del governo regionale siciliano stona non poco col risultato complessivo del procedimento. I giudici hanno confermato l'impianto della pubblica accusa. Il quadro politico-istituzionale che ne emerge è agghiacciante.
Per conoscere in anticipo i contenuti delle indagini della procura antimafia che opera nella capitale di Cosa Nostra, politici e imprenditori potevano contare su un reticolo di funzionari infedeli pronti a far uscire dati sulle indagini più delicate e sulle intercettazioni più imbarazzanti. Al di là delle singole responsabilità penali, si conferma che a spiare i magistrati antimafia per conto di colletti bianchi e fiancheggiatori di Cosa Nostra erano stati schierati ogni genere di figure pubbliche pagate essenzialmente per garantire la riservatezza di atti pubblici e giudiziari. Da un vicequestore ad un ispettore dei vigili, da un maresciallo della finanza ad una dattilografa, e poi carabinieri e medici. Colletti bianchi che dovrebbero garantire la vita e la convivenza civile. Una brutta storia che dovrebbe far fremere le vene dei polsi al capo del governo regionale di una regione oppressa dalla mafia dove sono caduti giudici, poliziotti, politici e giornalisti per non aver favorito in alcun modo ne' cosa nostra ne' la zona grigia che le permette di prosperare. Ma per Cuffaro, in fondo, va bene così. Perché dimettersi?
Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, commenta laconico: "Prendiamo atto della sentenza, rispetto alla quale non c'e' da essere soddisfatti o insoddisfatti. Leggeremo le motivazioni. Si tratta di un atto di giustizia che può essere criticato nelle sedi opportune, ma rispetto al quale non sono consentite manifestazioni improprie di consenso o dissenso".
Dopo la sentenza che ha condannato a 5 anni il presidente della Regione Toto' Cuffaro il comitato di “Addiopizzo” ribadisce che "il governatore avrebbe già dovuto dimettersi: chi governa questa terra ha il dovere di evitare qualunque contatto che potrebbe rivelarsi compromettente, altrimenti non è all'altezza del ruolo che vuole assumere".
Piero Grasso, procuratore nazionale dell'Antimafia, intervistato da Riccardo Francescani per Rai News 24 parla di "svolta" e di "passo avanti". "Sono stati tutti condannati - ha detto ai microfoni di Rai News 24 - ed è stato riconosciuto che a Palermo esisteva una rete per informare i politici sulle indagini della procura, compresa e anche quelle sulla cattura del boss Bernardo Provenzano".
Grasso ha evidenziato come la sentenza abbia accertato "le infiltrazioni mafiose negli investimenti del settore sanitario. I patrimoni confiscati sono stimati in centinaia di miliardi".  E il risparmio sulla spesa sanitaria, dopo i sequestri e l'amministrazione controllata, ha prodotto risparmi gestionali dell'ordine del settanta per cento. Stiamo parlando di sanità. In Sicilia. Della balena bianca descritta dall'inchiesta dei “ragazzi” di Santoro che tanto fece arrabbiare il governatore Cuffaro. Stiamo parlando di settori drammaticamente importanti come la cura dei tumori.
Sul governatore siciliano Cuffaro, Piero Grasso ha osservato che "è rimasto provato il favoreggiamento da parte sua nei confronti di singoli mafiosi, ma non è stata provata l'aggravante di favoreggiamento a Cosa Nostra". Sulla decisione di Cuffaro, di non dimettersi, Grasso ha commentato: "Sono valutazioni che lascio alla politica".

Tra i cronisti di giudiziaria adesso c'è attesa per le prossime mosse del procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Si parla di un'altra inchiesta nel cassetto. Riguarderebbe telefonate di personaggi eccellenti che avrebbero rassicurato Cuffaro. La politica si interroga su questa temperie giudiziaria che investe e scuote gli scenari della politica. Per Silvio Berlusconi il problema non è la corruzione in politica ma l'esuberanza dei giudici. Il leader dell'opposizione Silvio Berlusconi attacca: ''Credo che gli italiani esprimano già con i numeri dei sondaggi come siamo nella piena patologia e quindi c'è da fare, è necessario un risanamento di tutto l'ambito giudiziario, molto in profondità''.
Italia dei Valori con Antonio Di Pietro commenta «Se non si riporta l'etica nella politica sarà la crisi della democrazia» sostiene il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro e Silvana Mura sottolinea che  ''il dato che emerge dalla giornata di oggi è quello che è la politica a dover fare un serio esame di coscienza e non certo la magistratura. Abbiamo una condanna a cinque anni di galera per il presidente della Regione Sicilia, il rinvio a giudizio per corruzione nei confronti di Silvio Berlusconi, l'apertura di un'inchiesta nei confronti del presidente della Regione Molise. Sicuramente tra i tanti che hanno partecipato alla standig ovation di mercoledì nell'aula di Montecitorio ci sarà chi trarrà spunto per gridare al complotto delle procure. Io da cittadina e da deputata di Idv ritengo che è la politica, e non la magistratura che si limita a fare il suo lavoro”

Difesa a spada tratta per Cuffaro dal leader di partito, Pier Ferdinando Casini. «Abbiamo sempre saputo che Cuffaro con la mafia non ha nulla a che fare, sono certo che in appello cadranno anche queste altre accuse che in primo grado si sono manifestate». Casini ha aggiunto che «Cuffaro aveva espresso con chiarezza l'intenzione di dimettersi se fosse stato condannato per mafia, ed avrebbe fatto bene, ma noi eravamo certi che non avesse nulla a che fare con la mafia ed io sono certo che in appello cadranno anche le altre accuse».
Anna Finocchiaro, siciliana, ex magistrato, presidente dei senatori del Partito Democratico, non ha dubbi, "ragioni di responsabilità istituzionale dovrebbero convincere e portare il Presidente della Regione Sicilia Cuffaro a rassegnare le proprie dimissioni": così la pensano in molti nel centro sinistra. Per il presidente della Commissione Antimafia, Francesco Forgione, Rifondazione, la condanna "non può non porre per l'onorevole Cuffaro un problema di trasparenza e legittimità democratica per la permanenza nella più alta carica istituzionale di una regione
come la Sicilia, che ha pagato il più alto prezzo anche nelle istituzioni e nella politica nello scontro tra la democrazia e la mafia".
Giuseppe Lumia, pd, vicepresidente dell'antimafia, aggiunge: "Ho sempre sostenuto la necessità che Cuffaro si dimettesse anche prima di questa sentenza perché, confermo anche oggi questa richiesta, di fronte ad una sentenza di condanna in primo grado per un reato di per sé gravissimo. La Sicilia - aggiunge Lumia - seguendo l'esempio dei tanti imprenditori che si stanno ribellando alla mafia e stanno chiedendo trasparenza, ha bisogno di una nuova stagione fatta di legalità e sviluppo".
L'ex ministro Stefania Prestigiacomo, siciliana, forza italia, ha espresso “sollievo per Cuffaro, ma ora Forza Italia ponga l'esigenza di cambiamento e discontinuità” mentre il presidente dell'Assemblea siciliana Gianfranco Micciché ha sottolineato che «non era certamente la buona notizia che si attendeva».
Leoluca Orlando, portavoce di Italia dei Valori, ha detto “E' triste - ha aggiunto Orlando - vedere oggi alcuni chiederne le dimissioni dopo averne condiviso il sistema di potere, beneficiando della sua subcultura di governo e favoritismo”. “Per quanto mi riguarda, il mio giudizio etico e politico su Cuffaro e sul suo operato rimane quel che era: non soltanto ha determinato un disastro sociale, economico ed amministrativo in Sicilia ma ha anche e soprattutto contribuito ad un imbarbarimento etico delle Istituzioni».
Incurante di tutto ciò. Reso forte dalle preghiere dei suoi compagni di processione. Totò, il vicerè di una Sicilia dove i tre vanno alla velocità di un  secolo prima e non si è capaci di spendere il sessanta per cento dei fondi strutturali europei, torna alla sua scrivania di capo del governo. L'emigrazione cresce. I comuni staccano le luci a turno nei quartieri perché non possono pagare la bolletta. Ma Totò “Vasa Vasa” interdetto in primo grado e salvato, almeno in primo grado, dall'accusa di favoreggiamento, non perde il sorriso. E' pur sempre il vicerè di Sicilia. Già, ma il re chi è? La risposta al prossimo pizzino.
pinofinocchiaro@iol.it

19/01/2008

 

 
 
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