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Appello alla disobbedienza civile di Alex Zanotelli
in tema di reato di clandestinità
 
Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano. Non avrei mai pensato che un paese come l'Italia avrebbe potuto varare una legge così razzista e xenofoba. Noi che siamo vissuti per secoli emigrando per cercare un tozzo di pane (sono 60 milioni gli italiani che vivono all'estero!), ora infliggiamo agli immigrati, peggiorandolo, lo stesso trattamento, che noi italiani abbiamo subito un po' ovunque nel mondo.

Questa legge è stata votata sull'onda lunga di un razzismo e di una xenofobia crescenti di cui la Lega è la migliore espressione. Il cuore della legge è che il clandestino è ora un criminale. Vorrei ricordare che criminali non sono gli immigrati clandestini ma quelle strutture economico-finanziarie che obbligano le persone a emigrare. Papa Giovanni XXIII° nella Pacem in Terris ci ricorda che emigrare è un diritto.

Fra le altre cose la legge prevede la tassa sul permesso di soggiorno (gli immigrati non sono già tartassati abbastanza?), le ronde, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l'ordine di espulsione ed infine la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all'anagrafe. Questa è una legislazione da apartheid, che viene da lontano: passando per la legge Turco-Napolitano fino alla non costituzionale Bossi-Fini. Tutto questo è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. Questa è una cultura razzista che ci sta portando nel baratro dell'esclusione e dell'emarginazione.

«Questo rischia di svuotare dall'interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa - così hanno scritto nel loro appello gli antropologi italiani - contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali». Vorrei far notare che la nostra Costituzione è stata scritta in buona parte da esuli politici, rientrati in patria dopo l'esilio a causa del fascismo. Per ben due volte la Costituzione italiana parla di diritto d'asilo, che il parlamento non ha mai trasformato in legge.

E non solo mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno anche di essere cristiano: questa legge è la negazione di verità fondamentali della Buona Novella di Gesù di Nazareth. Chiedo alla Chiesa italiana il coraggio di denunciare senza mezzi termini una legge che fa a pugni con i fondamenti della fede cristiana.

Penso che come cristiani dobbiamo avere il coraggio della disobbedienza civile. È l'invito che aveva fatto il cardinale R. Mahoney di Los Angeles (California), quando nel 2006 si dibatteva, negli Stati Uniti, una legge analoga che definiva il clandestino come criminale. Nell'omelia del Mercoledì delle Ceneri nella sua cattedrale, il cardinale di Los Angeles disse che, se quella legge fosse stata approvata, avrebbe chiesto ai suoi preti e a tutto il personale diocesano la disobbedienza civile. Penso che i vescovi italiani dovrebbero fare oggi altrettanto.

Davanti a questa legge mi vergogno anche come missionario: sono stato ospite dei popoli d'Africa per oltre 20 anni, popoli che oggi noi respingiamo, indifferenti alle loro situazioni d'ingiustizia e d'impoverimento.

Noi italiani tutti dovremmo ricordare quella Parola che Dio rivolse a Israele: “Non molesterai il forestiero né l'opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto” (Esodo 22,20).
Alex Zanotelli

 

20/07/2009 - tratto da MissiOnline
Stati Uniti
Obama, i neri e la lotta al vittimismo
di Gerolamo Fazzini
All'associazione per i diritti civili parole sullo sviluppo valide a ogni latitudine: «Il vostro destino lo avete in mano. E parte da un'educazione su ciò che è giusto»


Il discorso tenuto nei giorni scorsi da Barack Obama alla Naacp, la più prestigiosa e antica associazione per i diritti civili, conferma le qualità del presidente americano e merita di essere ripreso per le novità interessanti che propone ( clicca qui per leggere il testo integrale in inglese). MissiOnLine ne sottolinea, in particolare, quattro.
1)  Alla comunità nera, storicamente e attualmente oggetto di discriminazioni di vario genere, il presidente Usa - che viene dallo stesso mondo - dice: sì, le ingiustizie esistono ancora e vanno combattute. “Dovremo dire ai nostri figli: sì, sei afro-americano le possibilità di crescere tra criminali e gang sono sicuramente maggiori. Sì, se vivi in un quartiere povero dovrai affrontare pericoli e minacce con i quali non dovrà cimentarsi chi vive in quartieri benestanti”. Ma tutto questo, chiosa Obama, non può diventare un comodo alibi: non attardiamoci in vittimismi inutili. Ciascuno di noi può prendere in mano il suo destino, anche se le sue condizioni sociologiche di partenza sono sfavorevoli. Un appello forte alla responsabilità personale, a non vivere adagiati nelle recriminazioni, a non adottare il comportamento di talune minoranze – più o meno organizzate – che tendono a blandire i loro membri addossando le colpe della loro situazione solo ed esclusivamente a fattori esterni. “Ci serve una nuova mentalità”, osa dire Obama: una mentalità che passi dall'autocommiserazione alla capacità di rialzarsi con le proprie gambe.
2) “Fatevi un'istruzione”. La parola- chiave che Obama indica per il riscatto dei neri (e di ogni minoranza in difficoltà) è una sola. Già, l'educazione come via per liberare il meglio di sé. È la medesima ricetta che da decenni i missionari propongono ai popoli in via di sviluppo, specie laddove l'istruzione è negata, per ragioni culturali e sociali, alle bambine oppure a minoranze etniche.
3) L'istruzione da sola non basta. Occorre l'educazione, che è cosa più ampia e complessa del patrimonio culturale personale. Nel discorso di Obama c'è un curioso passaggio su questo tema, laddove il presidente nero degli Stati Uniti chiama in causa la famiglia, come necessaria alleata della scuola in un cammino di sviluppo personale e comunitario. “Non provengo da una famiglia ricca. Ho avuto la mia buona dose di problemi da piccolo e la mia vita in qualsiasi momento avrebbe potuto prendere una piega negativa. Io però ho avuto dei freni e tanti paletti”. Ancora: “Mia madre mi ha dato amore, mi ha spinto sempre avanti, si è interessata ai miei studi, mi ha insegnato a distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Grazie a lei ho avuto la possibilità di sfruttare al meglio le mie qualità”. Eccola qui, concentrata in polche righe, la definizione di educazione: l'atteggiamento di chi, volendo il bene dell'altro, lo mette in condizioni di esprimere al meglio se stesso e, al tempo stesso, gli indica i criteri per distinguere bene e male, per operare un discernimento corretto di ciò che vale. Da queste premesse discende l'indicazione che Obama dà alle famiglie: meno giochi elettronici e più studio, ma soprattutto, capacità di guardare avanti, di darsi traguardi alti.
4) Imparare a scegliere ciò che vale. Nel punto in cui esorta i ragazzi neri a non copiare i miti di oggi (i rapper o i giocatori di basket), Obama li invita a puntare su ciò che vale nel tempo, a non rincorrere le mode. Un messaggio di grande attualità e forza in un tempo in cui le giovani generazioni sembrano attratte esageratamente dagli idoli della Tv o dello sport. Un messaggio che - ovviamente - non vale solo per gli Stati Uniti d'America.

 
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