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Il sapore della sofferenza
 
Che dire di due addormentate eroine dell'aura poetica come Sylvia Plath e Anne Sexton tanto tremendamente fagocitate dalla dura realtà in cui si erano trovate catapultate? Due nomi nel panorama della letteratura novecentesca e senza dubbio ai quali è riconosciuto un certo peso nell'ampio retroterra che precede la lotta femminista culminata negli anni '60, '70, decenni in cui entrambe le poetesse scompaiono tragicamente. Il loro talento, la loro acuta sensibilità esplodono in ambito poetico attraverso la trattazione dei temi più disparati, strettamente correlati all'esperienza schizofrenica che caratterizzò la vita di entrambe ... parole, suoni, versi, capaci di "scavare l'anima con il martello pneumatico" come scrive la Sexton in una sua lirica.
... Ricordo l'estate del duemila, quel giugno così caldo e pervaso di quella solita malinconia che ha da sempre per me accompagnato la fine della scuola ... Era un afoso pomeriggio di giugno quando, scorrendo lo sguardo tra ampi scaffali di una delle mie librerie preferite, avvistai un titolo insolito che avevo sentito più volte citare dal mio prof. dìitaliano con voce entusiasta, ... decisi di acquistarlo, deciso di acquistare "L'estrosa abbondanza". Ho conosciuto così Anne Sexton, divorando in qualche ora il testo, ho conosciuto questo personnaggio emblematico dai tratti sfaccettati che, in un certo senso, rifraseggia la figura poetica del poeta romantico "maledetto" in termini femminili ed americani in stile secondo - dopoguerra ed ho potuto constatare quanto sia alto il fascino che sprigiona l'estrosità del personaggio e alta sia la bellezza estetica delle poesie.
Oltre l'immediato "scandalo" che possono suscitare parole aspramente bollate nella sfera femminile, quegli indissolubili tabù abilmente occultati, si libera una voce, un soffio capace di accarezzare, coccolare l'animo esacerbato di una diciasettenne come me abituata a piangere, sorridere, scherzare, ammutolirsi con una sconcertante e inspiegabile rapidità. Ero nella mia stanza, tra quelle pareti tapezzate di foto di amici, biglietti di vecchi concerti, cartoline, ero là fra quell'odore di incenso che creava un'atmosfera ai limiti della realtà ... là, ho navigato fra quelle pagine e quelle parole che s'imprimevano con forza nella mia mente, nell'angolo più recondito di un'animo che forse non ha conosciuto così tante sofferenze per dover subire i fin troppo duri colpi infertigli dall'esterno.Mentre leggevo quei versi trasudanti di sofferenza maturata nel corso di una vita fatta di minuscole e confuse tessere, sprofondando nella dura consapevolezza che, qualcosa contenuto in quelle bianche pagine, faceva parte di me, della mia breve esistenza, di quegli interminabili trascorsi là dentro, in quel buco anonimo, avvolta da quell'odore penetrante che non mi abbandona mai ... Qualche giorno fa ho riletto quello che un paio di settimane fa avevo scritto prima che il meccanismo del rituale avesse il sopravvento sulle mie azioni e mi decomponessi sulla parete come Dorian Gray. Non ero così diversa dalla Sexton in "Addict" quando, fiferendosi alle sue adorate "pillole", scrive: "mi sto trasformando in una specie di mistura chimica ... " o ancora ... " mi piacciono più di quanto io mi piaccia. Sono diabolicamente testarde, non vogliono lasciarmi, è una specie di matrimonio". Saltellava armoniosamente nel mio animo scosso la strofa della Plath ... " sei sempre là in ogni caso. Tremulo fiato al limite della mia linea, curva d'acqua sprizzante/Alla mia verga di rabdomante, radiosa e grata ..." ... Avevo paura, tanta, sognavo e affondavo tra la realtà e l'onirico. Sono convinta che sia molto utile, se pur rischioso, sognare, a volte navigare al di là della mera apparenza aiuta, farsi cullare dalle onde di un oceano senza confini ci dona conforto, permette alla nostra mente di non soffocare tra le fitte sbarre della realtà. Eppure non dobbiamo respingere l'esterno, nè appiattirci o scomparire in esso: siamo puntini in un universo infinito, ma SIAMO; per questa ragione è bene farci sentire, urlare ... non sprecare inutilmente fiato ed energia. Non nego che le opere plathiane e sextoniane non dimostrino come questa sorta di massima possa essere concretizzata, tuttavia possono offrire un valido pretesto per cominciare a lottare anzichè affondare nell'autodemolizione e anche donare i giusti strumenti per scandagliare e scandagliarci, imparare così a conoscersi e non avere timore come invece ha la protagonista de "La campana di vetro", unico e splendido romanzo della Plath. Alla diciannovenne Esther, studentessa eccellente, grazie ai buoni risultati fino ad allora conseguiti, viene offerta la possibilità di trascorrere un soggiorno in un lussuoso albergo di New York. Lei fervida amante della poesia, viene a questo punto, a contatto con una realtà ben diversa da quella di pprovincia dalla quale proviene, ecco che una campana di vetro scende lentamente su di lei fino a toglierle l'aria. Qua dovrebbe maturare in lei e in noi quella tenace voglia d'infrangere questo duro, ma fragile involucro, ma possiamo arrenderci e "sprofondare nel silenzio doppo una concitata recitazione".La presa di coscieza deve dunque tramutarsi dapprima in esercizio e poi in azione perenne. Non si tratta di fingere, sorridere per celare il dolore e cercare affanosamente una maschera che meglio si adatti a noi, alle esigenze di coloro che si spacciano per nostri amici, coloro ai quali non riusciamo, non vogliamo spiegare i nostri rifiuti per paura di ferirli o caricarli di ansia inutile. E' proprio in quei momenti, quelli in cui chiunque sembra volermi sbattere le porte in faccia, incapace di comprendere le ragioni della mia sofferenza che leggo, rileggo, sogno e il più delle volte trovo la voglia di sfoggiare le mie armi per combattere; è probabile non le sfrutti ancora al pieno, che non sia ancora in grado di farlo, ma ci riuscirò, magari con l'aiuto di chi mi vuole davvero bene.
Forse non sortiranno lo stesso effetto che giocano su di me gli scritti della Sexton e della Plath, però ne consiglio la lettura specie a chi non vede nella poesia un genere letterario sulla via del tramonto, un genere che non può avere voce in capitolo oggigiorno.
Silvia Nanni
 

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