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Assoc. Medica Disturbi di Relazione

"associazione a carattere socio-sanitario  destinata  alla cura e alla prevenzione dei Disturbi del Comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità), inquadrabili nei Disturbi di Relazione, attraverso un'azione diretta sul territorio nazionale con allargamento nel Sud del Mondo attraverso missioni di interscambio "

 

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L'ACQUA: un diritto per tutti ? o un privilegio di pochi ?

L'educazione alla partecipazione, la ricerca di alternative concrete alla competizione imperante e all'individualismo dominante nel nostro contesto sociale……….. passare in maniera chiara e concreta il concetto di solidarietà quale unico mezzo per comprendere il valore della ricchezza in funzione del bene comune e non del consumismo fine a sé stesso, sono alcuni dei concetti che a mio avviso le istituzioni e coloro che svolgono professioni e/o ricoprono ruoli deputati all'educazione (insegnanti, medici, giornalisti, avvocati, politici……) e all'informazione corretta dovrebbero fare loro e trasporre alla cittadinanza, in particolare alla fascia giovanile.

Nei nostri ambulatori dove la più parte dei pazienti propone sintomatologie rapportabili al narcisismo, alla chiusura verso l'altro, al vuoto ideologico, il tema della solidarietà, dell'apertura e della partecipazione rappresenta un cardine sul quale costruire una nuova visione del mondo sia che si parli di quello esterno, sia che si parli di quello interno.

L'indifferenza verso ciò che sembra ad una prima occhiata, oppure, per meglio dire, ad un'occhiata indotta dalla mala informazione o ancora peggio da un concetto di interrelazione contaminato dal possesso a tutti i costi, svuota l'individuo, lo allontana dall'unica possibilità di arricchirsi attraverso l'acquisizione delle esperienze dell'altro. L'altro può essere il suo vicino, come una cultura lontana migliaia di chilometri, ma sapere ed essere convinti che il confronto (che non significa condivisione) altro non può che farci crescere …….. è la “ricchezza”.

L'idolatria del possesso individuale orientato prevalentemente verso le “cose” ci porta all'isolamento, in quanto il tempo utilizzato e vissuto solo in funzione del profitto si allontana dal concetto umano di tempo. Il valore assegnato alle cose rischia di svilire quello, ben più proficuo, che tiene in considerazione le persone.

Che dire, poi, della competitività ? se c'è competizione l'unico obiettivo visibile è la vittoria a discapito della qualità del risultato, solo con la partecipazione orientata alla conquista globale si può evolvere. La vittoria, inoltre, rischia di offuscare la mente del vincitore in quanto troppo spaventato dalla possibilità di perdere in seconda battuta.

Il gruppo può raggiungere apici che il singolo individuo non riesce nemmeno a concepire, sia perché più mondi incontrandosi tendono ad elaborare i concetti in maniera più capillare e proficua, sia perché le azioni di confronto, di discussione, di specchio che caratterizzano il gruppo danno forza al singolo e tendono ad ottenere soluzioni al problema molto più elevate, in quanto la collaborazione è di per sé un'aggiunta di valore.

Il concetto stesso di libertà nel nostro contesto sociale sta assumendo una caratteristica che non dovrebbe esserle propria, in quanto punta sull'eliminazione delle regole, in particolare di quelle del branco a cui appartiene: non può esistere libertà individuale al di là di quella dell'altro ……. Oppure non si chiama più libertà!

Alla base di questa idea di progettualità educativa dobbiamo inserire il passaggio di conoscenze senza le quali diventa impossibile stimolare lo spirito critico e conseguentemente sfuggire ai condizionamenti quasi sempre orientati a nutrire una piccola élite di potere.

Io credo che l'arte del condizionamento e della manipolazione che purtroppo domina il nostro contesto sociale, rappresenti la vera minaccia all'uomo, in quanto gli impedisce di credere nelle sue stesse potenzialità e nella reale possibilità di agire al di là degli schemi imposti.

Immagini ripetutamente proposte, ideali vacui da perseguire obbligatoriamente per conquistare un benessere inumano, concetti deliranti (in quanto staccati dal reale) passati come verità assolute verso le quali non c'è difesa da parte del singolo, tentativi di cancellazione della memoria storica proprie di ogni cultura, abbattimenti forzati dei “monumenti” della mente ….. rappresentano, forse, l'evoluzione ?

Lo trovo un po' difficile da comprendere questo concetto evolutivo, in quanto contrastante con ciò che la Natura nel corso dei millenni ha fatto per tentare di adattare gli esseri viventi a diverse condizioni ambientali: non c'è stata mai una cancellazione, ma sull'onda dell'esperienza è avvenuto il cambiamento!

Sembra quasi che i bisogni primari abbiano perso la loro connotazione, sostituiti come appaiono, da quelli indotti, in realtà occorre tornare all'essenza del concetto di bisogno per riuscire a superare gli sbarramenti costituiti dalle manipolazioni.

Un esempio lampante è la concezione del bisogno-diritto all'acqua che al di là dell'essere considerata, come si dovrebbe, un diritto inalienabile di ogni individuo, sembra essersi trasformata in un bisogno, se non effimero, almeno non rientrabile nel concetto di responsabilità collettiva alla tutela della vita.

La vita è un diritto intoccabile per ogni essere vivente al di là delle capacità espresse e/o dei meriti: l'acqua è fonte di vita, quindi ……. Come si può anche solo ipotizzare una deresponsabilizzazione collettiva ?

L'acqua, soprattutto quella dolce e potabile, sta diventando un bene prezioso, tanto da destare l'interesse di chi sta intravedendo la possibilità di avviare un commercio ad elevati profitti.

A tutt'oggi più di 2 miliardi di persone non possono usufruire di acqua potabile, il 2003 è stato proclamato dall'ONU quale “Anno internazionale dell'Acqua” e tra gli obiettivi che si è preposto c'è quello di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che non hanno accesso a questo bene indispensabile per la vita.

Se, come dovrebbe essere ovvio, si parte dal concetto che l'acqua sia un bene comune, quindi un diritto di tutti, non si capisce come ci si trovi nella condizione di avvio alla privatizzazione trasformandolo da “diritto inalienabile dell'umanità” a “bisogno” (2° Forum mondiale dell'acqua svoltosi all'Aja nel 2000).

Il considerare l'acqua un bisogno porta inesorabilmente alla mercificazione, all'apertura di un mercato che assicuri il soddisfacimento del bisogno d'acqua.

In Italia il 7 marzo 2000 si è una costituita un'associazione per il Contratto mondiale dell'acqua, la 1° assemblea nazionale si è svolta a Roma il 17 giugno 2000. È stato costituito un “Comitato scientifico” composto da docenti Universitari, da esperti e ricercatori, impegnati sul tema dell'acqua per sostenere la Campagna supportava del Contratto Mondiale dell'Acqua. Il Comitato è chiamato a svolgere una serie di attività:

  1. suggerire e proporre nel caso italiano, nel contesto della più ampia problematica dell'accesso e della gestione della risorsa Acqua, come garantire a tutti l'accesso all'acqua, quali politiche di prezzi, quali modelli di gestione
  2. inquadrare i temi della Campagna in termini di proposte a e piste di lavoro sul piano politico ma anche di ricerca scientifica e didattico-divulgativo, al fine di favorire l'approfondimento dei temi della Campagna nell'ambito delle iniziative territoriali
  3. definire le modalità di presentazione degli obiettivi del Manifesto e i contenuti degli strumenti di narrazione e di coinvolgimento dei cittadini e degli enti locali da proporre nel corso delle iniziative territoriali.

Il Comitato, oltre ad avere già messo in atto una serie di iniziative destinate ad attrarre l'attenzione della cittadinanza al problema relativo all'acqua e al suo valore assoluto ,sta cercando di promuovere la sensibilizzazione delle autorità competenti.

Noi, quale realtà associativa particolarmente sensibile alle problematiche quali quella che il Cipsi sta affrontando con tanta forza, ci uniamo al coro di chi pretende di salvaguardare il diritto globale alla vita e, su specifica autorizzazione pubblichiamo integralmente la traduzione del “ Manifesto dell'Acqua” curato dal Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull'Acqua:

Il diritto alla vita

Veniamo dall'Africa, dall'America Latina, dal Nord America, dall'Asia e dall'Europa.

Ci siamo riuniti nel 1998 con nessun'altra legittimità o rappresentatività se non quella di essere cittadini preoccupati dal fatto che 1 miliardo e 400 milioni di persone del pianeta su 5 miliardi e 800 milioni di abitanti non hanno accesso all'acqua potabile.

Questo è intollerabile

Ora il rischio è grande che nell'anno 2020, quando la popolazione mondiale sarà circa 8 miliardi di esseri umani, il numero di persone senza accesso all'acqua potabile aumenti a più di 3 miliardi.

Questo è inaccettabile

Possiamo e dobbiamo impedire che l'inaccettabile diventi possibile.

Come ? è nostra convinzione che sia possibile raggiungere un tale obiettivo se si seguono i principi e le regole qui descritti

L'acqua “fonte di vita” è un bene comune che appartiene a tutti gli abitanti della Terra

In quanto fonte di vita insostituibile per l'ecosistema, l'acqua è un bene vitale che appartiene a tutti gli abitanti della Terra in comune.

A nessuno, individualmente o come gruppo, è concesso il diritto di appropriarsene a titolo di proprietà privata.

L'acqua è patrimonio dell'umanità. La salute individuale e collettiva dipende da essa.

L'agricoltura, l'industria e la vita domestica sono profondamente legate ad essa. Il suo carattere “insostituibile” significa che l'insieme di una comunità umana – ed ogni suo membro – deve avere il diritto di accesso all'acqua, e in particolare, all'acqua potabile, nella quantità e qualità necessarie indispensabili alla vita e alle attività economiche.

Non ci può essere produzione di ricchezza senza accesso all'acqua. L'acqua non è paragonabile a nessun'altra risorsa: non può essere oggetto di scambio commerciale di tipo lucrativo.

Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile individuale e collettivo

L'acqua appartiene più all'economia dei beni comuni e della distribuzione della ricchezza che all'economia privata dell'accumulazione individuale ed altre forme di espropriazione della ricchezza.

Mentre nel passato la condivisione dell'acqua è stata spesso una delle maggiori cause delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce l'accesso all'acqua come diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo.

Il diritto all'acqua è una parte dell'etica di base di una buona società e di una buona economia.

È compito della società, nel suo complesso e ai diversi livelli di organizzazione sociale, garantire il diritto di accesso, secondo il doppio principio di corresponsabilità e sussidiarietà, senza discriminazioni di razza, sesso, religione, reddito o classe sociale.

L'acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, le comunità, i paesi, i generi, le generazioni

Le risorse d'acqua sono distribuite in modo ineguale.

Anche i redditi lo sono. Questo non significa che deve esserci anche ineguaglianza nell'accesso all'acqua fra le persone, le comunità e le regioni. Inoltre, l'ineguaglianza nella distribuzione dell'acqua e della ricchezza finanziaria non significa che le persone ricche economicamente possano farne l'uso che vogliono, anche venderla (o comprarla) all'esterno per derivarne il massimo profitto (o piacere).

In numerose regioni del mondo l'acqua rimane una fonte di ineguaglianze fra uomini e donne, in quanto queste ultime portano tutto il peso dei lavori di casa che dipendono dall'acqua.

Queste ineguaglianze devono essere rimosse.

Sul nostro pianeta ci sono ancora troppe guerre legate all'acqua perché molti stati continuano ad usare l'acqua come strumento a supporto dei loto interessi strategici di tipo geo-economico, al fine di acquisire un potere egemonico sulla regione circostante. È necessario e possibile liberare l'acqua dall'influenza degli stati orientati egemonicamente. L'acqua è “res publica”.

L'accesso all'acqua necessariamente avviene tramite partnership

È ora di andare oltre la logica dei “signori della guerra” e dei conflitti.

La cittadinanza e la democrazia si basano sulla cooperazione e il rispetto reciproco.

Una “partnership” per l'acqua è il principio ispiratore che sta dietro a tutti i progetti (esempio “il contratto di fiume”) che ha permesso la risoluzione di conflitti che in certe regioni del mondo hanno tradizionalmente avvelenato le relazioni fra paesi appartenenti allo stesso bacino idrografico. Noi sosteniamo una vera partnership pubblica/privata a livello locale/nazionale/mondiale.

Una gestione dell'acqua sostenibile nell'interesse generale non solo può, ma deve essere fondata sul rispetto delle diversità culturali e sul pluralismo socio-economico. Una partnership prevalentemente sottomessa, come accade attualmente, alla logica e agli interessi degli attori privati in continua competizione reciproca per conquistare il mercato non può che danneggiare l'obiettivo di assicurare l'accesso all'acqua conformemente alle regole di una “sostenibilità” globale integrata.

Crediamo che la responsabilità finanziaria per l'acqua debba essere collettiva e individuale secondo i principi di responsabilità e di utilità

Assicurare l'accesso all'acqua per i bisogni vitali e fondamentali di ogni persona e di ogni comunità umana è un obbligo per l'intera società.

È la società che deve assumere collettivamente i costi relativi alla raccolta, produzione, deposito, distribuzione, uso, conservazione e riciclo dell'acqua, in vista della fornitura e della garanzia di accesso all'acqua nella quantità e nella qualità minime indispensabili. I costi (inclusi gli effetti esterni negativi che non sono considerati nei prezzi di mercato) sono costi sociali comuni che devono essere sostenuti dall'intera collettività.

Questo principio assume un valore ancor più rilevante e significativo a livello di un paese, del continente e della società mondiale. Il finanziamento deve essere assicurato mediante una ridistribuzione collettiva.

I meccanismi di fissazione dei prezzi individuali, secondo un sistema di progressività, intervengono a partire da un livello di utilizzazione dell'acqua oltre il minimo vitale indispensabile.

Oltre questo minimo vitale, è infatti corretto che i prezzi siano in funzione della quantità usata. Vi è però un limite all'uso: ogni eccesso deve essere considerato illegale. Non è perché uno può permettersi di pagare prezzi elevati che ha diritto ad utilizzare l'acqua in quantità illimitata ed irragionevole.

L'acqua è “l'affare” dei Cittadini

Creare le condizioni necessarie per assicurare l'accesso all'acqua, effettivo e sostenibile, è un problema che concerne tutti i membri della società. È anche un tema inter-generazionale.

È compito infatti delle generazioni attuali di usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d'acqua in modo tale che le generazioni future possano godere della stessa libertà di azione e di scelta che noi stessi oggi auspichiamo.

I cittadini devono essere al centro del processo decisionale.

La gestione dell'acqua integrata e sostenibile appartiene alla sfera delle democrazia. Non è l'affare delle competenze e del know-how dei tecnici, degli ingegneri, dei banchieri. Gli utenti possono e devono giocare un ruolo chiave mediante scelte e modi di vita più ragionevoli, equi e responsabili necessari per assicurare la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

La politica dell'acqua implica un alto grado di democrazia a livello locale, nazionale, continentale e mondiale.

Per definizione l'acqua richiede una gestione centralizzata e trasparente.

Le istituzioni esistenti di democrazia rappresentativa devono essere rafforzate. Nuove forme di governo democratico devono essere create.

La democrazia partecipativa è inevitabile.

Questo è possibile, con o senza le nuove tecnologie informatiche e comunicative, a livello di comunità locali, città, bacini, regioni.

Nuove e coerenti cornici regolative a livello internazionale e globale devono essere disegnate e attuate accrescendo la visibilità di una politica dell'acqua sostenibile a livello globale, ad opera della comunità globale.

I parlamenti sono il luogo e gli attori naturali a questo riguardo.

Questo è il motivo per cui crediamo che sia urgente ed essenziale (ri)valorizzare le pratiche tradizionali locali di gestione dell'acqua.

Un'importante eredità di conoscenze, molto efficienti e sostenibili, è stata dilapidata e si è persa.

C'è il rischio che venga ulteriormente distrutta negli anni futuri.

PROPOSTE

Allo scopo di far diventare i principi elencati una realtà nei prossimi 20-25 anni, nel corso dei quali 2 miliardi di persone si aggiungeranno alla popolazione attuale, proponiamo che vengano prese e realizzate le seguenti misure, parti integranti di un “world water contract” da realizzarsi lungo due assi principali:

•  la creazione di una “rete di parlamenti per l'acqua”

•  la promozione di campagne informative, accrescimento della consapevolezza e della mobilitazione sul tema “acqua per tutti”.

Proponiamo inoltre la costituzione di un Osservatorio mondiale per i diritti dell'acqua

La creazione di una rete di parlamenti per l'acqua

È nei parlamenti, principali organi della rappresentanza politica nelle società occidentalizzate, e in simili istituzioni in altre civiltà, che cade la responsabilità di modificare l'esistente legislazione attraverso l'applicazione dei principi sopradelineati.

Definire una nuova cornice legislativa a livello locale e nazionale ma anche a livello internazionale e mondiale è uno dei principali compiti dei parlamenti per riempire il vuoto che esiste in questo campo a livello mondiale.

La priorità è quella di definire un “trattato mondiale sull'acqua” che legalizzi l'acqua come bene patrimoniale di tale, comune a tutta l'umanità. Questo, per esempio, escluderebbe l'acqua da tutti gli accordi commerciali internazionali (come quelli esistenti nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO), come già accade nel campo culturale.

Promozione di campagne di informazione, di sensibilizzazione e di mobilitazione

•  Sviluppo (o modernizzazione) dei sistemi di distribuzione e sanitarizzazione dell'acqua per le 600 città della Russia, Africa, Asia, America Latina e paesi Europei che avranno più di 1 milione di abitanti nell'anno 2020 e i cui acquedotti (sistemi) sono già obsoleti, inadeguati o inesistenti;

•  La lotta contro nuove fonti di inquinamento dell'acqua nelle città del Nord America, Europa occidentale e Giappone, dove la contaminazione del terreno, sia in superficie che in profondità, sta diventando sempre più preoccupante, seria e in alcuni casi irreversibile.

Queste azioni rispondono all'obiettivo di “3 miliardi di rubinetti”

ONG, sindacati e scienziati hanno a questo proposito un ruolo essenziale e determinante.

A questi scopi, deve essere data priorità a:

•  La riforma strutturale dei sistemi di irrigazione nell'agricoltura industriale intensiva. La soluzione esiste già come, per esempio, “l'irrigazione a goccia”. La moderna agricoltura esistente è il principale consumatore delle risorse di acqua fresca del pianeta(pari al 70% dell'estrazione mondiale, di cui la maggior parte è per l'irrigazione).

Ancora il 40% dell'acqua per irrigazione si perde lungo la strada dalla fonte al serbatoio. Inoltre, l'agricoltura industriale è fonte dei maggiori danni e minacce all'ambiente (in particolare la salinità del suolo e l'idromorfismo.)

•  Una moratoria di 10-15 anni per la costruzione di nuove grandi dighe che hanno finora creato problemi considerevoli di breve e lungo periodo all'ambiente, alle popolazioni locali e la possibilità di una gestione dell'acqua integrata e sostenibile.

La costituzione di un Osservatorio Mondiale per i diritti dell'acqua

Il principale obiettivo di questo osservatorio sarà di raccogliere, produrre, distribuire e diffondere le informazioni il più possibile rigorose ed affidabili in merito all'accesso all'acqua dal punto di vista dei diritti individuali e collettivi, alla produzione dell'acqua , all'uso, alla sua conservazione/protezione e allo sviluppo democratico sostenibile.

L'osservatorio deve diventare uno dei punti di riferimento mondiali per le informazioni sui diritti dell'acqua, a supporto delle più efficienti forme di partnership e solidarietà per l'acqua.

Il Comitato internazionale per il Contratto Mondiale dell'Acqua

Il presente Manifesto è stato redatto a Lisbona (Valencia) Spagna, nel corso del 1998 da un Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull'Acqua, composto da persone che provenienti da diversi continenti si sono preoccupati del fatto che 1 miliardo e 400milioni di persone del pianeta non hanno accesso all'acqua potabile.

Il documento è stato redatto su iniziativa del Gruppo di Lisbona, grazie al contributo finanziario della Fondazione C.Gulbenkian,della Generalitat Valenciana, dello Istituto da Agua e del Gruppo IPE-Agua do Portogallo.

Il Comitato Internazionale è presieduto da Mario Soares e coordinato da Riccardo Putrella (Segretario Generale).

Indirizzo c/o Gruppo di Lisbona:

30 rue morose 1030 Brussels

Tel. +32.2.245.18.98 – Fax +32.2.245.21.08

La sola lettura del Manifesto dell'Acqua credo non possa lasciare adito ad alcun dubbio circa l'importanza e la validità di un'azione solidale ed organizzata a livello mondiale a salvaguardia delle nostre stesse vite.

Ciò che desta meraviglia è che l'integrità del pianeta debba confluire in una sorta di movimento conflittuale, quasi che l'élite economico-politica non ne facesse parte.

All'apparenza pare che chi domina e manovra il nostro destino non abbia sviluppato la capacità di proiettarsi in avanti in virtù di un futuro prevedibile, esattamente la stessa incapacità che fisiologicamente hanno i bambini che riescono solo a valutare il momento senza riuscire a comprendere che ciò che può apparire sofferto oggi, domani potrà divenire una ricchezza.

Luisa Barbieri

 

 

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