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Cineforum Nadir:  The Wall-Live in Berlin


 



 

 

Un'ampia piattaforma, una piazza che si accende, si riaccende nel 1990 inoccasione di un evento di risonanza mondiale: Potsdamer Platz, lo sfondo, il concerto di Roger Waters dei Pink Floyd, il nucleo. Siamo in un luogo storico; cuore pulsante della Berlino pre-bellica e limes di un intricato groviglio di interessi, logiche, stratagemmi, la Guerra Fredda, che ebbe, tra le massime espressioni materiali, la costruzione di un muro che tagliò la capitale tedesca per oltre trent'anni.

Il concerto, proposto in data 26 marzo 2004 dal Cineforum Nadir, è riconosciuto come un epico allestimento dal vivo di “The Wall”(da sempre considerata opera massima di Roger Waters). Il palcoscenico è gigantesco, si conti che l'allora completamente piano spazio occupato, è ora sede di un' imponente struttura inaugurata nel 2001, contenente al proprio interno un modernissimo Museo del cinema, oltre 120 negozi, il più grande casinò di Germania, un colossale cinema multisala etc. Frutto della collaborazione di numerosi architetti, tra cui l'italiano Renzo Piano, Potsdamer Platz ha così recuperato, dalle fondamenta vibranti, il suo antico splendore.

Nel 1990, la stessa piazza é invece teatro di una suggestiva kermesse; con la proposizione di vere e proprie “magie”, che per nulla fanno rimpiangere la versione cinematografica della rock-opera, un oceano di persone, presenti e collegate via etere, viene entusiasmato. L'orchestra, diretta da Michael Kamen, il coro, una banda militare ed una schiera di ospiti da fare invidia alla notte dei Grammy, rendono l'evento unico. Con Waters, peraltro, a cantare le canzoni di The Wall, intervengono gli Scorpions e Ute Lemper, Joni Mitchell e Cindy Lauper, Sinéad O'Connor, Bryan Adams, Thomas Dolby, Marianne Faithfull, Van Morrison, Rick Danko, Levon Helm e Paddy Maloney.

Come consuetudine, la visione del film ha avuto a seguito l'apertura di un dibattito condotto dagli operatori tecnici dell'associazione e, pur schematizzando e rendendo divulgativi una serie di fatti storici piuttosto intricati ed oggettivamente difficoltosi da approcciare, ha tentato di avvicinare gli usufruitori del servizio a quell'evento, alle cause ed alle conseguenze ancora vivide e palpabili. Un tentativo di avvicinamento e di comprensione delle dinamiche, visibilmente complesso, ha mirato a sottolineare quanto la costrizione altro non provochi che un rinforzo della “ribellione”, della trasgressività. I muri, quali soffocanti impedimenti dell'espressione di un individuo nonché del suo contesto culturale e sociale, altro non rappresentano che atti di violenza ai quali può seguire soltanto una risposta rinforzata nella sua componente trasgressiva. Quasi un leit-motiv per le nostre orecchie, eppure così attuale e veritiero tanto da averne un'evidente dimostrazione…

Il concerto, grondante di una sfavillante e sottile simbologia, va scorto non soltanto in chiave di semplice visione, bensì anche di partecipazione attiva: la musica come canale di comunicazione. Tuttavia se questo suo fine può essere considerato una sorta di regola generale e logica conseguenza, non è altrettanto immediato se il coinvolgimento richiesto si sposta su un piano prettamente emotivo e critico. In altre parole, il concerto in sé è normalmente vissuto come un momento stimolante e divertente, si accompagna la musica dell'artista cantando e ballando in maniera personale ed al contempo collettiva…un intervento attivo del pubblico…Il messaggio riceve pertanto una risposta concretamente visibile che, naturalmente, non può essere la medesima stando seduti di fronte ad uno schermo. Ad ogni modo il fine si mantiene vivo, ma richiede uno sforzo maggiore per essere perseguito; l'effetto conseguente, a mio parere, risulta più intenso e duraturo…più arduo il cammino, ma più stabile la meta. Incresciosa e di intricata arguzia rimane anche la modalità di coinvolgimento, l'obbligo, ripetutamente ribadito, non risolve la questione, la rende ulteriormente spinosa e complessa. Forse sarebbe sufficiente un briciolo di sforzo in più, non necessariamente un incontenibile e brioso entusiasmo, solo una mossa lieve e composta che potrebbe aprirci una porta riconosciuta prima di allora invalicabile. Spontanea e fulminea la risposta, rassicurante il beneficio…

Probabilmente la mia calda fiducia in questo “metodo” è supportata, nel caso specifico, dall'amore che mi lega ad una città gravida di storia e forza, che un po' nostalgicamente accompagna freschi ricordi, vivi e speranzosi. Forse è vero, aver toccato il suolo ed assaporato il clima della Berlino odierna, così diversa, ma ancora mostrante tutti i segni, le cicatrici del passato, mi ha consentito di addentrarmi o perlomeno avvicinarmi a quella platea in delirio, che poteva avvertire una pienezza, quella di essere reali protagonisti della storia. E' proprio questa distanza, questa fallace impersonalità che ci ostacola fino ad offuscare una vivace curiosità, quel bisogno di conoscere e superare, affrontare con fierezza, trasformando insicurezze e paure in una spinta produttiva e propulsiva. La scarsa conoscenza dei fatti, derivante in parte da un'innata forma di protezione, ci fa smarrire il senso comune; ci spinge ad abbracciare sempre più spesso rigidità ed intolleranza…. La serata, appena trascorsa nella nostra associazione, ha mirato a renderci più consapevoli di questo prezioso intento. Un reciproco scambio di impressioni, sostegno, condivisione, chiarimenti, semplice informazione…la ricetta per combattere un paralizzante disorientamento e tentare, anche fra poche persone, di oltrepassare confini di apparente e catatonica, arrogante e reale, indifferenza.

La visione del concerto, come sopra citato, è stata accompagnata da una sommaria e chiarificatrice ricostruzione storica, grazie alla quale sono state delineate le tappe e gli eventi più salienti che segnarono la storia della Germania in seguito alla Seconda Guerra Mondiale; dalla divisione della nazione( Teilung), all'erezione del muro di Berlino, dalla sua caduta alla conseguente riunificazione delle due Germanie. La discussione non poteva però essere limitata al solo contesto teutonico, perché circoscritta ed incompleta; ragion per cui ha spaziato in un territorio di informazioni relative alla situazione globale di quegli anni, con particolare riferimento alla politica dell'URSS, la sua nevralgica dissoluzione, i rapporti con gli USA e, non ultima, la politica italiana nel 1989, anno che segnò il crollo della barriera berlinese.

Un arco di storia che rincorre cinquanta, convulsi, tragici e complessi anni; ripartendo da quel 9 novembre 1989, a poco più di dieci anni, pare essersi persa nuovamente la memoria: si ricomincia a costruire un muro…Questa volta in Medio Oriente!

E se la notte del 13 agosto 1961, decretò a Berlino l'inizio dell'edificazione del Mauer delle contrapposizioni tra due grandi blocchi politico-militari , oggi l'assurda divisione cementizia si sposta nel territorio israeliano della Cisgiordania. Il governo Sharon ritiene infatti che questo strumento possa garantire la sicurezza dei propri cittadini; la comunità internazionale, Europa in testa, non approva tuttavia questa opzione. Gli Stati Uniti nemmeno, ma le logiche della real politik non fermano la costruzione della barriera con la quale Sharon mira ad arginare il terrorismo. Il nascente muro della striscia di Gaza è, da un punto di vista politico e visuale, paragonabile a quello di Berlino e, non solo per la sua mostruosità architettonica!

Anche in Germania il muro era una grande muraglia, un insieme di mura e reti (Metallgitterzum), torrette ( Beobachtungstürme) e postazioni di fuoco, zone off limits, strade per le pattuglie (Kolonnenweg) e “corridoi di morte” dove i soldati, i terribili Vopos (Volkspolizei), aprivano il fuoco.

Un punto di non ritorno nella storia tedesca…l'inevitabile sensazione di chiunque si sia trovato di fronte al muro di Berlino, una separazione drammaticamente” eterna” che non aveva senso combattere… Opinione conclamata: non pochi erano peraltro i politici che basarono la loro azione sul fatto che quel muro non sarebbe mai caduto: era ormai un dato di fatto, che nessuno ”osava” più mettere in discussione…

Un'improvvisa e vulcanica eruzione: sotto i colpi di un' accelerazione vorticosa degli eventi, il 9 novembre 1989 quel muro venne abbattuto. E' significativo e di estrema persuasione anche il finale del concerto…la distruzione di una barriera, simbolicamente eretta per l'occasione, fra le cui maceria si levano canti e grida di libertà… Altrettanto gonfia di valore la seguente espressione… La storia, prima di quell'evento di portata mondiale, appariva un processo controllabile, di cui era possibile calcolare la dinamica, come, per così dire, il semplice risultato dell'agire dei politici. In quel caso, agli uomini sembrava che la storia si fosse resa autonoma, e dopo aver ristagnato per un quarantennio, rompendo gli argini, si fosse improvvisamente abbattuta su di loro, non la storia fatta dai politici, ma la storia stessa, dietro cui la politica si affannava trafelata… (Arnold Esch, tratto da un saggio apparso nel luglio 1990 su un giornale tedesco, la “Frankfurter Alllgemeine Zeitung”) .

Il vivido coinvolgimento è pulsante ed ancora vivo passeggiando lungo le ampie Straßen berlinesi o di fronte alla celebre East Side Gallerie (ultimo tratto di muro) che emana ancora l'afrore di sofferenza e atrocità.

Un passato ancora presente, un passato che richiama ed intreccia il presente…in Cisgiordania appunto, fra analogie e differenze.

  • In Germania il confine era fissato da accordi internazionali (Conferenza di Jalta, 1949). Il muro era stato costruito nel rispetto di quella linea di confine. Il suo percorso era pertanto evidente.

•  In Cisgiordania non vi è stato alcun accordo internazionale alla base: non vi è alcun confine. Il tutto è disegnato da anonimi pianificatori: nessuno ha tenuto in considerazione il popolo palestinese. La pianificazione tiene sì conto delle valli e delle colline, degli insediamenti e delle strade, ma sono state completamente ignorate le città, i quartieri e i villaggi palestinesi.

Come un bulldozer corazzato che irrompe in un villaggio e distrugge tutto ciò che incontra, il muro taglia un'intricata matassa, quella della vita dei Palestinesi, come se già non fossero più lì.

La domanda è: chi è imprigionato dal muro? Gli Israeliani che tentano di difendersi rinchiudendosi tra le mura di una sorta di ghetto fortificato oppure i Palestinesi costretti a non esserci? Le costrizioni, le recinzioni, la rigidità, l'arroganza derivante dalla presunzione dove possono portare?

Questi i quesiti cardini e fondamentalmente affrontati nel dibattito che ha fatto seguito alla visione del concerto, il cui tentativo di risposta ne ha evidenziato l'acuta complessità. Previsioni possibili e deducibili, impressioni, confronti con un evento vissuto, un periodo conclusosi, la Guerra Fredda…

Importante arricchimento anche per me, che ho ascoltato con piacere le emozioni di quegli anni. Il quadro che si è andato plasmando, grazie all' apporto personale dei presenti, ha reso le mie “conoscenze cartacee” più concrete…sentire chi ha vissuto e, non semplicemente studiato, consente di sfiorare una realtà che troppo erroneamente si tende a respingere ed allontanare.Ecco il” PICCOLO” sforzo di cui parlavo poc'anzi…uno sforzo che mi ha indotto ad oltrepassare quella molle delusione che mi ha animato inizialmente dinnanzi ai pochi presenti accorsi in occasione della serata di Cineforum. L'empatia e il vorace bisogno di superare una forzata ed, inconsapevolmente, agognata condizione di isolazionismo, pressoché collettiva, ha avuto la meglio, orgogliosamente la meglio…


Silvia Nanni

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