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Guarda il filmatoIntervista a Francesca Ramos e Sarah Sajetti
Leggere negli occhi
 
Ospite del Centro di documentazione ARCI-Gay "Il Cassero" di Bologna, la nostra trasmissione incontra due scrittrici che raccontano storie del mondo omosessuale. Con Francesca Ramos, musicista, parliamo del suo romanzo Una come me, uscito per i tipi de La Tartaruga. Con Sarah Sajetti, giornalista, ex direttrice del mensile di cultura gay e lesbica 'Babilonia', parliamo del suo romanzo Volevo solo un biglietto del tram. Due libri molto diversi, accomunati dal tema della omosessualità femminile ma divisi da scritture molto differenziate, l'una più intimista e interiorizzata, l'altra più scanzonata. Comunque una seria e divertente occasione per parlare più in generale della cultura gay, e della discriminazione sessuale nel mondo.
Intervista a cura di Franco Foschi, pediatra e scrittore Bolognese
Produzione Arcoiris Bologna
Visita il sito: www.scrittoribologna.com

 

Volevo solo un biglietto del tram
di Sarah Sajetti
Torino, Contesti, 2008 - collana “I luoghi del delitto”

di Marina Spini

Chiara è lesbica, vive a Milano, ha un'amica carissima, Simo, e un progetto in fase di inizio: girare un film sulla sua vita, in particolare sulle sue sfigatissime e innumerevoli storie con amanti una peggiore dell'altra. Ma Silvia, l'attrice protagonista, quella che la deve interpretare sullo schermo, muore misteriosamente prima del ciak. Suicidio? No, omicidio!
Chi è in realtà Silvia, che nessuna del giro milanese conosce bene, dato che ha vissuto molto a Londra? Chi poteva volerla morta? La polizia, nei panni di una fascinosa commissaria quarantenne, si convince che il delitto sia maturato all'interno del mondo lesbico, e chiede a Chiara di introdurla nell'ambiente e di aiutarla ad indagare ufficiosamente.
Le due socie, col tempo sempre più a proprio agio l'una con l'altra, battono tutti i locali lesbici della città, incontrano un mucchio di ex (di Chiara, naturalmente), scoprono aspetti misteriosi della vita della morta che la legano a…..
Ovviamente non vi racconterò altro!
Leggendo “Volevo solo un biglietto del tram” di Sarah Sajetti ho ripensato alle descrizioni di ambiente dei gialli della Scoppettone, e, data l'ambientazione a Milano, al primo felice libro di Fiorella Cagnoni, “Questione di tempo”. Ma il tocco in più è dato dall'abbinamento dell'ambiente milanese con un tocco ironico molto particolare e decisamente ben riuscito.
Chiara è una giovane lesbica alle prese con mille improbabili lavori ed altrettanti improbabili amori. Nel tentativo di esorcizzare la sfortuna la nostra protagonista decide di girare un film ispirato alle sue esilaranti disgrazie sentimentali, ma Silvia, l'attrice principale, viene trovata impiccata il giorno prima dell'inizio delle riprese. Incidente o omicidio? Il caso viene affidato alla commissaria Alessandra Pastore che, facendosi presentare da Chiara come la sua nuova fiamma, si muove tra le sue amiche o ex fidanzate alla ricerca di una risposta. Intreccio giallo, gag comiche, passione erotica e politica si alternano dando vita ad un atipico romanzo di genere che nasce come un poliziesco ma si trasforma ben presto in un viaggio alla scoperta dei miti, riti, luoghi della vita lesbica milanese.
Sarah Sajetti nasce a Milano il 6 maggio 1971 con una dotazione di curiosità ed inquietudini che la inducono, inconsapevolmente, a precorrere e poi cavalcare la precarietà professionale del suo tempo: correttrice di bozze, giornalista, cameriera e lavapiatti, stalliera, sociologa, cuoca, coltivatrice diretta, decide infine di intraprendere la più precaria di tutte le carriere, quella artistica. Formatasi nel brillante ambiente del liceo classico Carducci, dove non offre il meglio delle sue migliori qualità, decide di abbandonare gli studi e coglie al volo l'occasione di diventare correttrice di bozze per l'allora unico giornale di cultura gay esistente in Italia, Babilonia. Nel contempo milita con entusiasmo nell'Arcigay Arcilesbica milanese e nazionale, si sposa ventenne in piazza della Scala insieme ad altre 9 copie gay per reclamare il diritto al matrimonio e partecipa a numerose trasmissioni televisive in qualità di lesbica dichiarata. Quando sette anni dopo abbandona la redazione di Babilonia, nelle vesti di direttrice editoriale, unica donna ad aver diretto il giornale, inizia il suo deragliamento bucolico. Delusa dagli scarsi risultati raggiunti dal movimento gay italiano decide infatti di accettare un lavoro come stalliera in un maneggio, nel quale per un anno spala, striglia e ripara staccionate. L'improvvisa partenza per gli Stati Uniti della proprietaria del maneggio interrompe la sua parentesi equina e la spinge ad accettare la collaborazione con una casa editrice di Roma che edita tre mensili precocemente scomparsi, evento che le impone nuovamente la ricerca di un lavoro all'altezza delle sue capacità. Seguono anni di frenetico ed incessante turn over lavorativo, che comprendono l'attività di preparazione e consegna a domicilio di torte salate per alcuni bar cittadini, la preparazione di caffè e macedonie in una nota panineria, la scrittura di guide turistiche. Insieme al lavoro cambia e viene cambiata da una serie di donne discretamente lunga e altrettanto variegata. Fortunatamente i primi mesi del nuovo secolo le portato la novità più interessante degli ultimi anni, Stefania, presto diventata il principale punto fermo della sua vita. Con lei apprende le tecniche dell'analisi sociologica e partecipa ad entusiasmanti studi sulla natura umana e forse proprio questo la spinge nuovamente ha cercare la pace nelle gioie della vita agreste. Questa volta però, per evitare che la sua fuga venga nuovamente impedita da fattori esterni, concepisce un progetto ambizioso: l'acquisto di un casale in collina e l'apertura di un agriturismo. In sette anni lei e Stefania apprendono tutto sulle antiche varietà di frutta, ortaggi e cereali, si dedicano dapprima con entusiasmo e poi con fatica sempre crescente all'agricoltura biologica, sviluppano con successo le loro arti culinarie e infine decidono di tornare in città, stremate dall'isolamento. Attualmente prigioniera di una mensa universitaria, nonché caporedattrice di una rivista che si occupa di salute, tenta nei ritagli di tempo di dare forma al suo secondo romanzo. Tratto da: www.klsjoint.com/belgioiosogiallo


Una come me
di Francesca Ramos
Ed. La Tartaruga (collana Narrativa)

Lucida Console ha poco più di vent'anni, è fragile ma determinata e, dopo la morte di un padre molto amato, lascia quel che resta della famiglia e parte per ritrovare la pace e la felicità perdute. Approda per caso in Spagna, a Formentera. Sono gli anni Ottanta e il turismo di massa è ancora lontano. Sull'isola vivono tranquilli gli abitanti del posto e i pochi hippies venuti da lontano a godersi l'atmosfera euforica e sensuale inaugurata dalla caduta del regime di Franco. In questo luogo magico e fuori dal tempo, Lucida incontra una ragazza argentina enigmatica e sfuggente - e per questo dotata di un irresistibile fascino - che vive senza regole in una casa sulla scogliera. "Amo una donna che fuma: due crimini in un colpo solo", ride di sé la protagonista. Ironico, travolgente, a tratti impudico, il romanzo racconta le alterne vicende di un amore non del tutto regolare, un amore senza futuro eppure difeso con i denti fino al melodrammatico finale. In quest'opera prima, Francesca Ramos dà corpo e anima a un personaggio tenero e disarmato che racconta la sua storia con grande onestà, passando attraverso tutti gli stadi del desiderio di una febbrile passione amorosa, eternamente uguale e sempre diversa.
Francesca Ramos è nata a Milano nel 1961. chitarrista e autrice di canzoni ha trascorso gli anni Ottanta viaggiando e gli anni Novanta suonando con vari gruppi musicali. Nel 2000 ha seguito un corso di scrittura e questo è il suo primo romanzo

 

 

 
 
 

 

 

 

 
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